Le riviste di scienze politiche: una soluzione onorevole

In seguito alla riunione della Società italiana di filosofia politica, e su sua richiesta, ho rielaborato la bozza di soluzione del problema delle riviste presentata all’assemblea straordinaria del 19 maggio. Il nuovo progetto, che sviluppa un’idea della Società Italiana di Filosofia Teoretica,  è a disposizione di tutti qui. E’ pubblico sia perché chiunque possa trarne profitto, sia per uno spirito di trasparenza che, di questi tempi, sembrerebbe oltremodo necessario.

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La moneta della scienza: Trasimaco e gli indici bibliometrici

Nel primo libro della Repubblica di Platone il sofista Trasimaco sostiene due tesi famose, una politica e l’altra morale: per chi l’impone la giustizia è l’utile del più forte; per chi la pratica un bene altrui.  Il sapere della scienza politica, che impiega il concetto di giustizia, serve per l’utile di chi, essendo al potere, ne è dotato per definizione, e non per quello delle comunità umane di cui si occupa.

Socrate cerca di dimostrargli che, in una scienza, una cosa sono gli effetti e le motivazioni di chi l’esercita e un’altra il suo oggetto e le sue ragioni interne. Il pilota, andando per mare, migliora la sua salute, ma non per questo diventa medico. Il medico guadagna il suo onorario, ma non per questo diventa un esperto dell’arte di farsi pagare o misthotiké. Una cosa è saper fare il medico o il pilota, un’altra essere esperti di marketing. La gente si rivolge al medico o al pilota non in primo luogo perché sono bravi a farsi pagare, ma perché le loro competenze procurano dei vantaggi; tanto è vero che le capacità per le quali il medico e il pilota sono richiesti non verrebbero sminuite se decidessero di  lavorare gratis. Il guadagno che la pratica di una disciplina arreca a chi l’esercita le è esterno e non può definirla (345e ss) – né, tanto meno, valutarla.

Trasimaco è un sofista: come tale, trae il suo prestigio sociale e il suo reddito dalla sua competenza. Per questo si vergogna fino ad arrossire quando Socrate gli fa notare che, se uno scienziato cerca di schiacciare il suo interlocutore anche quando, secondo i princìpi della sua disciplina, questi ha ragione, si comporta come un ignorante e non come un esperto. La volontà di prevalere può essere una componente importante delle scelte dello studioso, ma non può entrare nella discussione scientifica senza soffocarla. Il sofista può teorizzare la competizione ma non può essere coerentemente un ricercatore da competizione. In una discussione scientifica fatta seriamente – Socrate l’aveva capito benissimo – si può vincere anche perdendo.

Quentin Massys, CambiavaluteChi vuol valutare la ricerca contando le citazioni pensa che la competizione nel gioco degli indici bibliometrici sia indispensabile per stimolare i ricercatori alla produttività: tratta, dunque, le ragioni interne alla scienza come inessenziali e assume come motivante un criterio esterno. In questa prospettiva, direbbe Trasimaco, la ricerca è l’arte di farsi pubblicare su certe riviste sedicenti eccellenti e di ottenere citazioni. Realisticamente non dovrebbero scandalizzare le pratiche di manipolazione e di pressione volte ad aumentare i propri indici bibliometrici. Se il valore di un ricercatore o di una rivista non è interno alla ricerca e ai contenuti che pubblica, è ben comprensibile che ricercatori e riviste si comportino da massimizzatori razionali di citazioni, con espedienti che hanno poco a che fare con l’ethos della scienza.

Trasimaco, che era entrato nella conversazione del primo libro con una scena d’effetto, forse autopromozionale, alla fine capisce che un esperto che sa esclusivamente autopromuoversi è soltanto un esperto di autopromozioni, e arrossisce: il comportamento strategico di chi vuole prevaricare non è identico a quello di chi cerca un sapere solido, perfino con lo scopo sofistico di venderlo sul mercato. Ma forse dovrebbe arrossire altrettanto chi ha talmente disconosciuto i valori interni della ricerca da non rendersi conto che le citazioni possono rimanere la moneta della scienza soltanto se non sono la moneta di nient’altro.

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Pier Paolo Giglioli: lettera di rifiuto all’Anvur

E’ appena stata resa pubblica su Roars, qui. Chi, per avventura, non conoscesse il suo autore può farsi un’idea di chi sia a partire da qui.

Il testo è circolato in via informale ed è probabilmente già noto a chi appartiene alla comunità accademica. Chi però non l’avesse ancora letto è invitato a farlo – non solo per la serietà dei suoi argomenti, ma anche per la sua straordinaria efficacia retorica.

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Riviste all’Indice. La controriforma dell’Anvur

Ho scelto di inviare l’articolo Riviste all’Indice. La controriforma dell’Anvur a Roars, che l’ha pubblicato oggi, sia perché desideravo fosse discusso anche da chi non è d’accordo con me, sia perché volevo chiarire, fuori da ogni conflitto d’interessi,  la posizione teorica condivisa da Brunella Casalini e da me. Dalla teoria discenderanno delle proposte pratiche che renderemo pubbliche fra qualche giorno. Intanto proponiamo a tutti la domanda a cui tenteremo di rispondere: è possibile costruire una forma di valutazione chiara e trasparente che si sottragga al rischio della scienza di stato rimanendo nelle mani della comunità degli studiosi?

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Gregory Crane e i cittadini della repubblica delle lettere

Sargent, Perseus on Pegasus Slaying MedusaChi studia l’antichità conosce Gregory Crane anche quando non ne rammenta il nome, non per quello che ha scritto ma per quello che ha reso possibile scrivere. Crane è il direttore del Perseus Project, una biblioteca digitale che libera gli studiosi dal microcosmo chiuso e inaccessibile della monografia accademica, permettendo loro di lavorare sui classici in forma ipertestuale e stratificata, per esempio così.

Il suo intervento alla conferenza Going Digital. Evolutionary and Revolutionary Aspects of Digitization (2011) ha in epigrafe una citazione famosa del logos epitaphios dedicata, prima che alla democrazia nella repubblica delle lettere, alla democrazia nella repubblica.

Siamo i soli a considerare chi non partecipa [agli affari pubblici] non già senza occupazioni (apragmon) ma inetto (achreios): e siamo in grado di deliberare con sicurezza o almeno di valutare correttamente quanto non fatto da noi. Non consideriamo impedimento alle azioni i discorsi, ma la mancanza della conoscenza che va guadagnata col discorso prima dell’azione. [Thuc. 2.40.2]

Per quanto l’ideale ateniese possa apparire ingenuo, la sua condizione indispensabile – offrire a tutti gli strumenti informativi e tassonomici che nel mondo della stampa stavano rinchiusi nei libri e nelle menti di un’élite di studiosi – sta diventanto un compito urgente perché, indipendentemente da noi, il World Wide Web ha reso accessibile una quantità di informazione prima inimmaginabile e ha generalizzato la necessità di filtrarla. Gli umanisti – scrive Crane – hanno sempre sostenuto che il loro insegnamento forma menti critiche capaci di orientarsi nel passato e di formulare idee nuove per il futuro. Questo è il momento di metterli alla prova.

Paradossalmente, la repubblica piccolissima degli alfieri del pensiero critico ha sempre trattato gli studenti e in generale gli esterni alla comunità accademica come sudditi e non come cittadini. Questa discriminazione non è più giustificabile, né tecnicamente né scientificamente. Ci troviamo a vivere, come in una rivoluzione copernicana, in uno spazio documentale improvvisamente enorme e a disporre di strumenti di annotazione, connessione e confronto fra testi in grado di raccogliere e di far tesoro del contributo di tutti.

Sono percepibili quattro cambiamenti fondamentali. In primo luogo, dobbiamo ri-inventare gli strumenti elementari del nostro studio, come edizioni, lessici e grammatiche. In secondo luogo, discipline come la linguistica dei corpora ci permettono di vedere all’interno delle collezioni esistenti con una risoluzione e precisione precedentemente impossibile. In terzo luogo, settori come la linguistica computazionale e l’information retrieval ci hanno reso possibile lavorare con corpora di documenti pubblici, ora disponibili in forma digitale, molto ampliati rispetto al passato. In quarto luogo, stiamo contemplando non solo  una trasformazione nello studio dei classici, ma la necessità di integrare la ricerca su argomenti come la cultura greco-romana con temi quali le civiltà del Vicino Oriente antico (con cui interagiva il mondo greco-romano), e l’India e la Cina antiche. Dobbiamo pensare ai classici come a una rete globale di culture, le cui interazioni possono essere rintracciate in più di quattro millenni di registrazioni linguistiche. La repubblica delle lettere deve attingere più pienamente da una serie più ampia di comunità di studi (per esempio studiosi della cultura greco-romana che pubblicano in croato o in arabo) e promuovere nuove comunità che connettano campi prima separati come il greco classico e il cinese classico. In una parola, abbiamo bisogno di una repubblica della lettere che sia globale nella sua portata e incoraggi i popoli di tutto il mondo a contribuire come cittadini.

La prospettiva di Crane trascende dunque i tre provincialismi che, mentre il mondo sta muovendosi altrimenti, affliggono ancora buona parte della ricerca italiana,  d’abitudine o d’autorità:

  • il provincialismo dell’accesso chiuso: perché la sapienza classica possa essere per tutti un possesso per sempre in una rete globale di culture, la sua ricerca deve essere cosmopoliticamente accessibile;
  • il provincialismo neocolonialista che porta a identificare la ricerca “importante” con quella che interessa al mainstream anglosassone e parla la sua lingua;
  • il provincialismo della gerarchia accademica che induce a disconoscere la qualità di cittadini a  studenti, ricercatori precari, scrilettori  studiosi di altre discipline o semplici citizen scientists.

La repubblica delle lettere può sopravvivere soltanto superando se stessa, per risolversi nella società cosmopolitica dell’uso pubblico della ragione. Non rendersene conto significa condannarsi all’esistenza irrilevante e impoverita dell’accademia dei morti viventi.

 

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AboutGender

E’ nata una nuova rivista on-line: si chiama AboutGender, è diretta da Emanuela Abbatecola e potrebbe essere una conferma che c’è qualcosa di “femminista” nell’open access. Tre sue caratteristiche sono da rimarcare:

  •  la revisione paritaria nella forma che, negli usi attuali, tutela di più l’autore, ovvero quella del doppio cieco;
  •  il reclutamento di valutatori anche al di fuori della cerchia ristretta del comitato scientifico e di redazione, con la richiesta di collaborazioni aperte sulla base delle specifiche competenze scientifiche e dei particolari interessi di ricerca del potenziale valutatore;
  •  l’accesso aperto.

La rivista ha scelto convenzioni e pratiche la cui condivisione potrebbe migliorare la qualità della ricerca italiana nell’ambito delle scienze umane e sociali, e aumentarne la diffusione e l’impatto. Invece di stilare discutibili liste di riviste e di editori che rischiano di uccidere ogni sperimentazione nel settore delle pubblicazioni in rete, l’ANVUR e i vari Gev dovrebbero incoraggiate e premiare progetti scientifici come questo.

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