In seguito alla riunione della Società italiana di filosofia politica, e su sua richiesta, ho rielaborato la bozza di soluzione del problema delle riviste presentata all’assemblea straordinaria del 19 maggio. Il nuovo progetto, che sviluppa un’idea della Società Italiana di Filosofia Teoretica, è a disposizione di tutti qui. E’ pubblico sia perché chiunque possa trarne profitto, sia per uno spirito di trasparenza che, di questi tempi, sembrerebbe oltremodo necessario.
Le riviste di scienze politiche: una soluzione onorevole
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Aggiungo qui, perché di pubblico interesse, le risposte a tre obiezioni presentate in privato. Ho esposto le obiezioni con parole mie per non violare la privacy di chi ha scelto di non renderle pubbliche.
1. il progetto penalizza gli editori ad accesso chiuso che mettono i testi sotto il loro copyright e privilegia chi pubblica ad accesso aperto
La pubblicità dei metadati sarebbe uguale per tutti. E’ invece nella libertà dell’autore tenere per sé il copyright o cederlo a un editore. Questi, a sua volta, può decidere se chiudere o no l’accesso. Non è una scelta obbligata: alcune university press italiane – per esempio quelle delle università di Trento e di Firenze – e perfino un importante consorzio editoriale europeo pubblicano non solo riviste, ma anche libri ad accesso aperto.
Gli editori ad accesso chiuso possono anche stabilire, come si fa nel resto del mondo, un embargo di 6 mesi o un anno prima di permettere ai loro autori l’autoarchiviazione in repository disciplinari o istituzionali. In questo modo il “privilegio” dell’OA sarebbe temporaneo e probabilmente poco rilevante: il passo degli studi umanistici è lento e un anno di inaccessibilità non è decisivo.
Al di là degli aspetti tecnici, però, la disponibilità a esporre i propri testi all’uso pubblico della ragione e la rinuncia al privilegio di essere letto solo da una cerchia di eletti economici dovrebbe essere il minimo sindacale della ricerca scientifica.
Per il resto rinvio al recentissimo discorso agli editori del ministro britannico dell’università, il conservatore Willetts, che ha deciso di rendere ad accesso aperto tutta la ricerca pubblicamente finanziata:
2. La commissione di accreditamento avrebbe il discutibile potere di stabilire che cosa è filosofia politica e che cosa non lo è
L’alternativa a questo sistema è l’attuale classifica rigida ed esclusiva stilata da incaricati di nomina direttamente o indirettamente governativa. I nostri commissari, invece, sarebbero eletti da noi e vincolati a render conto soltanto a noi, in trasparenza. Come ho già spiegato, inoltre, l’accredito che attribuirebbero è assai meno impegnativo della gerarchia imposta dall’Anvur. Perché quanto riesce ai fisici dovrebbe risultare impossibile a noi, tanto da rendere preferibile rimetterci alle decisioni di un’autorità che non abbiamo scelto?
3. La meta-rivista italiana, essendo progettata senza barriere linguistiche, sarebbe un doppione inutile rispetto agli archivi esistenti.
Mi sembra che in questo momento non esista un punto di vista della Società italiana di filosofia politica sulla produzione di filosofia politica in rete. Rinunciare a compiere una selezione secondo i nostri criteri significa semplicemente lasciare che la facciano gli altri.
Sarà un inutile doppione? Vale la pena di sperimentarlo, lasciando la parola agli utenti: se è inutile, cadrà in desuetudine. In ogni caso, settori scientifici affini ai nostri come l’economia e le scienze bibliotecarie hanno ottimi archivi disciplinari (Repec, E-lis), molto popolari fra gli specialisti.
Se poi la commissione eletta da noi fosse così oculata nelle sue scelte da prendere le mosse in una prospettiva nazionale per aprirsi verso un’utenza internazionale, non ne verrebbe necessariamente un doppione dell’esistente. E-lis è un archivio sostenuto da due istituzioni italiane (Aepic e Cilea) che è divenuto un punto di riferimento mondiale nel suo settore. E-lis ospita contributi in numerose lingue: offre, quindi, qualcosa di più ricco e di più plurale di siti anglocentrici come SSRN. Siamo in grado di seminare cento fiori: lasciamoli sbocciare, prima di decretarne l’inutilità.