Il testo, pubblicato presso il Nieman Journalism Lab, prende spunto dall’uso di Twitter come strumento per segnalare indirizzi. Questa tecnologia, come diceva Socrate nel Fedro a proposito del testo scritto, può apparire esposta al rischio di renderci smemorati e “sconnessi”, se non ne comprendiamo il senso. I nuovi mezzi di comunicazione si devono misurare non con la scarsità dell’informazione, ma con la sua sovrabbondanza: i segnalatori, orientando l’attenzione, svolgono un lavoro che – avrebbe detto Platone – ha più a che fare con l‘anamnesis che con l’hypomnesis: non si limitano a riportare informazioni, ma suggeriscono dei percorsi e dei nessi. Sono cercatori di conoscenza e battitori di piste.
Se si ammette il carattere ricognitivo e non meramente informativo del lavoro dei curatori, bisogna anche riconoscerli come una nuova specie di autori. La rappresentazione dell’autore come creatore di contenuti è tipica del mondo della stampa e della cosiddetta proprietà intellettuale; il curatore, che produce testi fisicamente aperti e interconnessi, è invece più simile a un mediatore, a un custode della sapienza della rete.
A sostegno di questa tesi segnalo in aggiunta, nella mia veste di curatrice, il recentissimo Post-artifact booking, di Kevin Kelly, che rappresenta il networked book come una collezione dinamica di link, frutto di un’attività di cura, anziché come un artefatto immutabile com’era nell’età della stampa e dei monopoli intellettuali. E mi piace ricordare che Kant, in un testo pochissimo compreso dai kantisti accademici, aveva già in mente questa visione quando trattava il libro come discorso e i curatori come autori. Non aveva bisogno di essere profetico: l’uso del testo come strumento per mettersi in rapporto col pubblico, e la sua moltiplicazione, reinterpretazione e diffusione grazie all’opera di curatori, era parte di quel processo rivoluzionario di disseminazione del sapere che prende il nome di Illuminismo.
Merita di essere letto, della stessa autrice, anche “Accessibility vs. access. How the rhetoric of rare is changing in the age of information-abundance“: il sapere è protetto da due barriere, quella dell’accessibilità e quella dell’attenzione. La prima, quando non è artificiosamente tenuta in piedi dal copyright, sta oggi crollando, la seconda rimane e consolida la sua forza, specie se ci si affida esclusivamente agli algoritmi dei motori di ricerca, che mettono ai primi posti ciò che è popolare. In questa situazione diventa tanto più indispensabile il lavoro dei curatori umani – gli unici in grado di render popolare e di valorizzare ciò che, pur essendo accessibile, rimane culturalmente “raro”.
Buonasera, grazie in particolare per l’inedito di Kant.
Segnalo link che punta doaj.org non funzioante su worldCat:
https://www.worldcat.org/title/maria-popova-in-a-new-world-of-informational-abundance-content-curation-is-a-new-kind-of-authorship/oclc/820599979&referer=brief_results
Trattasi del secondo che trovo quest’oggi, fatto molto raro per il materiale liberamente scaricabile. Le biblioteche comunali sono già deindicizzate da WorldCat; speriamo che non capiti anche per le directory Open.
Probabilmente, le biblioteche associate a WorldCat necessiterebbero dei fondi edelle riorse umane della directory di Google (a bane vedere semiautimatica, http://archive.is/e7F9G).
Saluti
micheledisaveriosp, utente Wikipedia.
Anche in questo caso, dopo la re-indicizzazione il DOAJ ha cambiato la struttura dei suoi link. Ecco quello corretto:
https://www.doaj.org/article/4a1139a4b7a5485f81274ada95601db4