Szlezák e le dottrine non scritte di Platone: una scheda
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Graziella Ricci e Roberto Taioli propongono una rilettura complessiva del pensiero di André Gorz. Il loro articolo è liberamente disponibile presso l’archivio Marini, qui.
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Nei colloqui precedenti si erano toccate molte opinioni filosofiche sbagliate, e allora Socrate dice: “Sarebbe ben comprensibile se uno, a motivo dell’irritazione per tante cose sbagliate, per il resto della sua vita prendesse in odio ogni discorso sull’essere e lo denigrasse. Ma in questo modo perderebbe la verità dell’essere e subirebbe un grande danno”. L’occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così potrebbe subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all’ampiezza della ragione, non il rifiuto della sua grandezza – è questo il programma con cui una teologia impegnata nella riflessione sulla fede biblica, entra nella disputa del tempo presente. “Non agire secondo ragione, non agire con il logos, è contrario alla natura di Dio”, ha detto Manuele II, partendo dalla sua immagine cristiana di Dio, all’interlocutore persiano. È a questo grande logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori. Ritrovarla noi stessi sempre di nuovo, è il grande compito dell’università.
Non occorre essere teologi per comprendere l’importanza di questo richiamo al Fedone in un discorso che è stato molto più citato che compreso. Chi volesse misurarsi coll’opera di Platone può approfittare dell’ipertesto costruito sull’originale greco per l’uso degli studenti di Scienze politiche dell’università di Pisa, ora a disposizione di tutti qui.
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Claudio Palazzolo ha scelto di pubblicare ad accesso aperto il suo intervento al convegno L’Italia e l’Europa di fronte alla Grande Guerra, dedicato a La Grande Guerra e la cultura politica britannica. Il suo testo, depositato nell’archivio Marini, è a disposizione di tutti qui.
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“Una teoria della giustizia deve occuparsi, innanzitutto, di stabilire chi sono le persone politiche e di indicare quali sono i loro diritti e i loro doveri fondamentali”: riesce a farlo la teoria di Rawls?
A questa domanda tenta di rispondere l’ultimo testo depositato nell’Archivio Marini Ragione pubblica e giustizia interspecifica: appunti per una teoria minimale dei diritti animali. L’autore, Andrea Passoni, si è già occupato dell’argomento in un altro testo, anch’esso pubblicato ad accesso aperto. negli “Annali del dipartimento di filosofia” dell’università di Firenze.
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Il nostro stile di citazione canonico risale all’età della stampa e consiste nell’elencazione ordinata dei metadati che identificano univocamente un’opera indicata come riferimento, per poterla chiedere in biblioteca o acquistare in libreria. L’accesso ai testi di riferimento, non immediato, impone al lettore un dispendio di tempo e talvolta di denaro.
In rete l’accesso potrebbe essere immediato, se l’inclusione dell’indirizzo che rende disponibile il testo completo diventasse parte del nostro canone. Lo scopo non bibliometrico delle citazioni – rendere universalmente controllabili le basi degli argomenti scientifici e riconoscere i meriti o i demeriti altrui – sarebbe in questo modo più agevolmente soddisfatto.
Si era già parlato, in italiano e in inglese, delle citazioni nei e dei testi ad accesso aperto in un ambiente accademico che privilegia l’accesso chiuso, per proporre un sistema che minimizzasse l’asimmetria fra chi colloca il dibattito scientifico nell’uso pubblico della ragione e chi invece si adatta al suo uso privato. Patrick Dunleavy, in un articolo ospitato dal blog Impact of Social Sciences, affronta la questione in un orizzonte più ampio: alcuni parametri che nell’età della stampa erano essenziali, perché i testi si potevano reperire solo nelle biblioteche pubbliche o sul mercato librario, ora divengono secondari. Il cuore della citazione deve essere l’accessibilità al testo completo:
Questi indicazioni sono frutto di una rielaborazione delle proposte di Dunleavy, che non menziona gli archivi disciplinari e suggerisce di citare, in mancanza di meglio, i testi caricati in reti sociali, anche accademiche, sulle quali converrebbe nutrire una certa diffidenza – soprattutto in considerazione del fatto che i ricercatori, anche indipendenti, possono approfittare del bellissimo Zenodo. Sarebbe anzi opportuno aggiungere al simbolo ($) un simbolo proprietary social media (PSM) per avvisare il lettore che il testo citato è accessibile solo a utenti che accettano di registrarsi e di regalare i propri dati a un medium sociale proprietario.
È invece molto interessante l’idea di sostituire i riferimenti alle pagine con una brevissima porzione del punto del testo che si intende citare, ottenibile facilmente con un copia-e-incolla. Questa soluzione assicurerebbe uno stile uniforme e metterebbe le versioni ad accesso aperto di articoli usciti ad accesso chiuso allo stesso livello della loro incarnazione editoriale: il lettore, per ritrovare la parte dell’opera a cui la citazione si riferisce, non avrebbe più bisogno di dipendere dall’impaginazione dell’editore.
Se uno stile di citazione di questo genere venisse affinato e codificato, otterremo una rete della scienza i cui nodi sarebbero testi ad accesso aperto e in cui le opere ad accesso chiuso sarebbero messe – giustamente – ai margini. Vale la pena di discuterne.
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