La crisi dei prezzi dei periodici in Italia: quanto ci costano le riviste scientifiche?

tetradrakmatonPer serial crisis i bibliotecari intendono l’aumento continuo e sproporzionato dei prezzi delle riviste scientifiche più importanti – i cosiddetti core journals – iniziato nell’ultimo quarto del secolo scorso.  Le sue cause e le sue conseguenze sono state oggetto di numerosi studi, fra i quali quello di J.-C. Guédon  tradotto  da noi qualche anno fa.

Anche se molti sistemi bibliotecari di ateneo rendono pubblici i propri bilanci,  i dati italiani su questo fenomeno sono parziali,  sepolti in formati poco amichevoli e non sempre freschissimi.  Però, dopo il 18 marzo 2013, dati e documenti offerti online dalle amministrazioni pubbliche devono essere intesi come aperti di default,  a meno che una licenza d’uso esplicita non stabilisca altrimenti.

Stando così le cose,  diventa possibile sperimentare una sorta di crowdsourcing di dati già pubblici,  in attesa di qualcosa di più organico fornito dai grandi consorzi di acquisto come CARE e CIPE, o dallo stesso MIUR. Il nostro scopo è dare una risposta semplice a una domanda semplice, basandoci su dati italiani e non americani.

Per esempio, nel 2011 il sistema bibliotecario dell’università di Pisa ha speso, dei 3.139.670 euro dedicati agli acquisti, 2.886.027 euro per i periodici e le banche dati e solo 253.643 euro per i libri. La crisi dei prezzi esiste anche da noi.  Avremmo, in verità, bisogno di sapere di più: per esempio quanto va alle multinazionali dell’editoria scientifica per i periodici e le banche dati (comprese quelle che si usano per la valutazione della ricerca), quanto va agli editori piccoli e italiani; quanto gli studiosi italiani pubblicano in Italia e quanto altrove.

Sospettiamo che i fondi del nostro sistema di ricerca, già gravemente sottofinanziato, siano drenati a favore di giganti editoriali multinazionali e a danno di tutti gli stakeholder locali, quando la pubblicazione accademica potrebbe adottare lo stesso modello del software libero,  sviluppando competenze locali che traggono profitto da un codice condiviso. Ma senza dati non è possibile andare oltre il sospetto, anche se, certamente,  potremmo spendere meglio i soldi del contribuente.

In attesa che le amministrazioni offrano qualcosa di più organico,  proponiamo un sondaggio, dedicato ai sistemi bibliotecari delle università e dei centri di ricerca, così da aggregare il maggior numero possibile di dati pertinenti. Parte di questi dati, infatti,  è  già pubblicata, di solito sotto forma di documenti pdf seminascosti nei meandri di siti istituzionali grandi e complessi. Si tratta semplicemente di aggregarla e di renderla riutilizzabile.

Le risposte ricevute sono disponibili in questo foglio di calcolo Libreoffice (qui anche in formato csv) in modo da rendere quanto ricevuto,  sebbene parziale,  disponibile per chiunque desideri  elaborarlo.

Aggiornamenti

Quando il foglio di calcolo indica come fonte “Amministrazione” i dati relativi sono stati forniti direttamente dall’amministrazione bibliotecaria.

Nel caso dell’università di Milano, la cifra 731019 riportata come addendo in due celle riguarda le banche dati, disaggregate dalle altre risorse elettroniche. I numeri milanesi sono ancora in discussione per un problema interpretativo: vanno dunque intesi come provvisori fino a nuovo avviso.

Il sistema bibliotecario del politecnico di Torino offre un dato disaggregato molto interessante: nella sua spesa complessiva di € 546.240,93 per i periodici, solo 11.924,15 euro vanno a editori italiani.

image_print
Tags:

Accessi: 923

4 thoughts on “La crisi dei prezzi dei periodici in Italia: quanto ci costano le riviste scientifiche?”

  1. Sto cercando di capire se si possano trovare informazioni utili per l’analisi proposta nell’articolo all’interno degli XML pubblicati da tutte le PA, in adempimento agli obblighi previsti dalla Legge n. 190 del 6 novembre 2012 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica amministrazione”. Si tratta di enormi moli di dati, che in teoria riguardano tutti i contratti fatti dalle PA stesse…
    Segnalerò qui e nella mailing list del Centro Nexa eventuali sviluppi positivi, ma scrivo anche per chiedere ad altri di segnalare eventuali esperienze di analisi dei files di cui sopra (es. per il Politecnico nel 2013: http://www.swas.polito.it/services/avcp/avcp_dataset_2013.xml)

  2. Grazie all’articolo di Nicola Cavalli, apprendiamo che i consorzi d’acquisto delle biblioteche universitarie francesi pagano circa 30 milioni di euro l’anno per accedere alle riviste Elsevier.

    Si può condividere anche la sua conclusione: perché non “smettere di pagare decine di milioni (centinaia?) di Euro ogni anno a pochi gruppi editoriali stranieri e provare a finanziare un sistema editoriale scientifico, basato sull’Open Access, che promette di svolgere le sue funzioni in modo più efficace ed efficiente”?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.