Bollettino telematico di filosofia politica

Online Journal of Political Philosophy

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Capitolo 3. Argomenti per la pubblicità della conoscenza

Sommario

La pubblicità come elemento essenziale della democrazia
L'argomento di Kant
Gli argomenti di Platone: esoterismo ed essoterismo
La conoscenza e il mercato: la polemica antisofistica
L'anàmnesis come emancipazione
La misura di tutte le cose
I libri e i discorsi

La pubblicità come elemento essenziale della democrazia

L'elemento della pubblicità ha il suo domicilio nella vita teoretica, ma ha un ruolo essenziale anche in politica, nella definizione del potere legittimo propria della democrazia liberale. Questo ruolo risulta chiaro se consideriamo la legittimazione del potere democratico-liberale sullo sfondo di quella libertaria. Un simile confronto è stato compiuto recentemente da Samuel Freeman a proposito della versioni del libertarismo più diffuse nel mondo anglosassone, favorevoli a uno stato minimo - alla maniera di Nozick - o francamente anarco-capitaliste. 95 Contro l'opinione che considera il libertarismo come una radicalizzazione della democrazia liberale, l'autore si propone di dimostrare che le due prospettive sono in un contrasto nettissimo, proprio sulla natura del potere politico: pubblico, per i democratico-liberali, e privato, per i libertari. Per questa ragione, sostiene Freeman, la democrazia liberale si differenzia dal libertarismo tanto quanto si è distinta dal suo avversario storico, il feudalesimo, un sistema di dipendenza politica personale fondato su una rete di patti privati, senza un diritto pubblico uniforme e uniformemente amministrato da una autorità pubblica.

In una costituzione liberal-democratica, le libertà fondamentali sono universali e inalienabili; per questo i diritti della personalità non possono essere ceduti per contratto, perché ciò che ci rende agenti liberi e uguali non può essere oggetto di commercio alla stessa stregua di una cosa di proprietà. Questa posizione appare paternalistica ai libertari. Essa, però, non impedisce che adulti consenzienti scelgano anche relazioni di subordinazione, se così preferiscono. Impedisce soltanto che, se una delle parti decide di uscire dalla subordinazione, si debba ripristinarla coercitivamente, per esempio riconsegnando al padrone il firmatario di un contratto di schiavitù che ha cambiato idea. 96

Il potere politico, in una costituzione liberale, è inteso come un potere pubblico, nel senso che si legittima nella misura in cui norme pubbliche uguali sono applicate uniformemente da una autorità pubblicamente riconosciuta. I suoi princìpi sono i seguenti:

  1. il potere è istituzionale e non personale; è detenuto perciò da una persona artificiale, nella forma di una istituzione pubblicamente riconosciuta;

  2. il potere è continuo, nel senso che l'istituzione sopravvive all'avvicendamento dei funzionari;

  3. esso è tenuto come potere delegato a rappresentanti che agiscono per il bene pubblico; il contratto sociale non deve essere confuso con un contratto privato. È infatti un accordo fra uguali, di tutti con tutti, per formare una società politica e quindi una costituzione e, sulla sua base, un governo che funge da agente del popolo. Non è un contratto privato fra individui particolari (disuguali), dettato solo dai loro interessi;

  4. il potere politico, in quanto delegato da parte della collettività, deve essere imparziale e finalizzato al bene pubblico;

  5. dal momento che lo stato deve governare nella sua capacità rappresentativa e solo per il bene pubblico, chi detiene il potere politico ha l'autorità di governare e le sue azioni legali hanno legittimità. 97 Locke oppose il fare leggi per il bene pubblico, proprio dello stato liberale, al Patriarcha di Filmer. Il Patriarcha intendeva il potere politico come proprietà privata di persone e famiglie particolari, esercitabile a loro arbitrio, senza regolazione da parte di autorità mondane. Lo stato di diritto, la separazione dei poteri e l'idea che l'istituzione politica rappresenti il popolo e non sia una mera associazione di diritto privato nascono, appunto, per sfuggire all'arbitrio individuale. 98 l'estensione democratica del diritto di voto è un corollario naturale di questa idea.

Da Locke in poi, i liberali hanno concepito il potere politico come l'autorità che emana norme pubbliche e le modifica, giudica le dispute sulla base di queste norme e le impone coercitivamente. 99 Questi tre poteri servono per rimediare ai difetti dello stato di natura, che Locke stesso individuava nella mancanza di una legge stabilita nota, di un giudice noto e imparziale e di un potere certo che esegua leggi e sentenze. 100

Il libertarismo si fonda su una concezione assoluta della proprietà privata: gli individui hanno un diritto assoluto di accumulare, usare, controllare e trasferire diritti sulle cose; inoltre il paradigma di tutti gli altri diritti è quello dei diritti di proprietà. Nei confronti della nostra persona, delle sue capacità e dei suoi diritti, noi intratteniamo la stessa relazione che abbiamo con gli oggetti di proprietà. Per i libertari, contro Locke, il potere legislativo non deve esistere: è sufficiente il diritto naturale, pre-sociale e pre-cooperativo, che può essere mutato, se necessario, da una rete di transazioni private; i poteri giudiziario ed esecutivo sono esercitati da agenzie private di protezione e arbitrato, che possono o no assumere la forma di uno stato minimo. In ogni caso, il potere politico risulta esercitato e legittimato privatamente. 101 Questo modello politico, secondo Freeman, non ha nulla a che vedere con la democrazia liberale: anche se ammettiamo, per amor di discussione, che le agenzie libertarie possano essere istituzionali e continue, il loro potere non è pubblico perché anche un loro eventuale monopolio del potere coercitivo può essere solo naturale, de facto, e non de jure; non possono essere delegate da parte della collettività, dato che riposano su contratti particolari; e infine sono parziali e finalizzate esclusivamente agli interessi privati di chi paga. 102

La pubblicità che è essenziale alla legittimazione del potere politico liberaldemocratico può essere limitata a leggi e istituzioni, o deve coinvolgere necessariamente la sfera della conoscenza? Se ammettiamo che la democrazia liberale, per essere legittimata, ha bisogno di una giustificazione cognitiva, la pubblicità della politica dipende strettamente dalla pubblicità della conoscenza. Altrimenti, la democrazia liberale sarebbe un isola di pubblicità in un mondo feudale, nel quale i privati padroni del discorso stabilirebbero che cosa e come destinare alla pubblicità e che cosa no. La questione della pubblicità della conoscenza è dunque pregiudiziale: se si dimostrasse che il sistema proprietario è incompatibile con la conoscenza, sarebbe la proprietà privata ad essere un caso particolare, bisognoso di giustificazione, entro un più ampio orizzonte di pubblicità.

È possibile ricostruire argomenti a favore della pubblicità della conoscenza sia nel pensiero di Platone, sia nel pensiero di Kant. Entrambi le argomentazioni verranno analizzate e messe a confronto, allo scopo di mostrare la continuità di una tradizione molto più antica delle nuovissime pretese che vorrebbero rappresentare l'Occidente.



[95] S. Freeman, «Illiberal Libertarians: Why Libertarianism is not a Liberal View», Philosophy and Public Affairs, 30/2, 2002, pp. 105-151. Dal momento che Freeman elenca promiscuamente fra i liberal Locke, Rousseau, Kant, J.S. Mill e Rawls si è preferito rendere liberalism con «democrazia liberale».

[96] Ibidem, pp. 110-113 «Proprio perché il contratto e la proprietà sono oggetto di un diritto pubblicamente coercibile che impone doveri uniformi a tutti, i liberal-democratici non rispettano l'esito di qualunque accordo privato dato come un contratto valido coercibile», p. 113, traduzione mia.

[97] Ibidem, pp. 120-122.

[98] Ibidem, p. 122.

[99] Ibidem, pp. 136-139.

[100] J. Locke, Second Treatise of Government, §§ 124-126 e 134-136.

[101] S. Freeman, op. cit., pp. 138-141.

[102] Ibidem, pp. 143-147.


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