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L'invenzione della politica |
Ultimo aggiornamento 16 novembre 2003
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La religione dei greci
La religione greca era politeistica e non monoteistica. Il monoteismo - ebraico, cristiano, islamico - crede in un dio unico che trascende il mondo e in una salvezza che si persegue entro una comunità ecclesiale diversa dalle comunità politiche. Il politeismo, di contro, implica che gli dei siano molteplici: in quanto tali, non sono né onniscienti, né onnipotenti, né infiniti, né assoluti. Questi dei fanno parte del mondo e si sono differenziati con esso a partire dal Vuoto (Chaos) e da Gaia, la terra. C'è del divino nel mondo e del mondano nella divinità: può essere divino un corpo celeste, un fiume, un monte, una passione (Eros), una nozione morale e sociale (Dike, Eunomia).
Il politeismo non riposa su una rivelazione, ma sul nomos, cioè sulla convenzione e sulla consuetudine. C'è dunque una continuità fra religioso e sociale: la religione degli antichi è una religione civica. Il singolo non ha un rapporto personale col divino: è necessaria la mediazione della comunità politica, che si esplica diversamente a seconda dello status sociale dell'interessato. Nella religione formatasi fra l'VIII e il IV secolo, manca di ogni forma di rivelazione e di figure di profeti o di messia. La tradizione religiosa, senza casta sacerdotale e senza libro, non può essere dogmatica. Il credente riceve la sua religione con la tradizione e i miti, trasmessi prima come favole, poi tramite i poeti, che svolgono un ruolo pubblico e istituzionale. La tradizione poetica è oggetto di interpretazione (Teagene di Reggio, Ecateo) e di compilazione erudita (Biblioteca dello Pseudo-Apollodoro, Favole e Astronomica di Igino, Metamorfosi di Antonino Liberale, Mitografi del Vaticano) e anche di critica, in relazione al valore del mito in generale. Il nesso con la poesia, in una società ad oralità primaria come quella della Grecia arcaica, è un aspetto essenziale della religione greca. Per quanto concerne il mondo degli dei, il sistema greco si caratterizza per una pluralità di strutture, che lo differenzia dalle altre religioni indoeuropee, le quale mantengono la tripartizione funzionale di sovranità, guerra e fecondità individuata da Georges Dumézil. Per esempio: Zeus, il padre degli dei, non figura in nessun raggruppamento trifunzionale, a differenza dello Iupiter romano, che sta assieme a Mars e a Quirinus, né si associa come le due divinità vediche della sovranità Mitra (regola) e Varuna (violenza e magia): l'omologo greco, Ouranos, lo scuro cielo notturno, fa coppia con la terra, Gaia. Contro tutti gli dei, Zeus è la forza più grande, contro Chronos e i Titani è la giustizia, come esatta ripartizione degli onori e delle funzioni: nella sua regalità si conciliano potenza e diritto. I re vengono da Zeus, il quale però, in questo caso, funge da patrono particolare di una categoria. Apollo a Delfi è profeta, ma in nome di Zeus. Sebbene le divinità non trascendano il mondo, la religione ufficiale vede, fra uomini e dei, una distanza incolmabile, che viene messa in luce dai rituali del sacrificio. L'attività del sacrificare viene designata col verbo thyein, quando si compie un sacrificio diurno agli dei celesti, su un altare; con i verbi enagizein e sphattein, quando si fa un sacrificio notturno agli dei sotterranei o ctoni. In ogni caso, il contatto con gli dei non è una comunione: nel sacrificio diurno a uomini e dei sono riservate parti diverse della vittima, mentre quello notturno va interamente agli dei. Prometeo inaugura il rituale del sacrificio con un inganno. Nasconde le ossa sotto il grasso e la carne sotto le interiora, e invita prima gli dei e poi gli uomini a scegliere la parte che preferiscono consumare. Zeus, che sceglie per gli dei, finge di cadere nell'inganno, lasciando la carne agli uomini; ma il nutrirsi di carne condanna gli uomini alla mortalità e al dominio della legge del ventre - mentre gli dei vivono di odori e di profumi. Zeus priva gli uomini del fuoco celestre, ma Prometeo glielo ruba, offrendo agli uomini un fuoco frutto della tecnica e dell'esperienza storica, il quale li distingue dagli altri animali. Il sacrificio consacra la separazione fra dei e uomini. Non è casuale che chi desidera una relazione con il divino differente da quella della religione ufficiale rifiuta anche il sacrificio: i pitagorici e gli orfici sono vegetariani, perché assimilano il sacrificio cruento all'uccisione di qualcosa di vicino. Le Baccanti praticano il diasparagmos, che consiste nel divorare cruda una bestia dopo averla braccata e fatta a pezzi da viva, per tornare allo stato selvaggio. Al di fuori della religione ufficiale, si collocano i culti misterici:
Il dionisismo, a differenza dei misteri eleusini, non è un prolungamento della religione civica. La città riconosce ufficialmente una religione che, per molti aspetti, la supera. Dioniso abolisce la distinzioni fra dei e uomini, e fra uomini e bestie, e produce mania che è estasi e orrore. E' una forza che costringe a diventare altro rispetto a quello che si è. La città lo deve riconoscere per tenerlo sotto controllo. L'orfismo, come sappiamo dal papiro di Dervenii, trovato nel 1962 vicino a Salonicco, ha una forma dottrinaria, che lo accosta alla filosofia. La sua teogonia, forse nota ai filosofi presocratici e a Empedocle, è opposta a quella presentata da Esiodo: non si passa, col tempo, dal disordine all'ordine, ma, viceversa, l'uovo primordiale o Notte esprime la pienezza di una totalità chiusa che si degrada facendosi molteplice, fino alla sesta generazione con l'avvento del Dioniso orfico, che restaura l'unità perduta. Dioniso è divorato dai Titani, e ricostruito a partire dal cuore, rimasto intatto. Dalle ceneri dei Titani, fulminati da Zeus, nascono gli uomini, i quali possono purificarsi dalla colpa ancestrale della loro parte "titanica" con la disciplina di vita orfica e recuperare la loro parte divina. L'aspetto dottrinale non è separabile dalla ricerca della salvezza - che sta al di fuori dalla religione civica. La tradizione orfica ha influenzato, da un lato, le superstizioni popolari, dall'altro il cosiddetto sciamanesimo greco (Epimenide, Empedocle), patrocinato non da Dioniso ma di Apollo Iperboreo, signore dell'ispirazione estatica e delle purificazioni. La religione greca, tuttavia, non conobbe la figura del rinunciante: piuttosto, la via dell'ascesi, della purificazione e dell'immortalità dell'anima è stata offerta dalla filosofia.
J.-P. Vernant, Mito e religione in Grecia antica (trad. it. di R. Di Donato), Roma, Donzelli, 2003
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