Tetradrakmaton

L'invenzione della politica

Bollettino telematico di filosofia politica
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Ultimo aggiornamento 31 dicembre 2002

I filosofi e la politica: Protagora

La tesi politica fondamentale del pensiero sofistico è l'idea che lo spazio della città sia convenzionale. Alcuni sofisti, in questo d'accordo con i conservatori oligarchici, giudicano la convenzione della città un inganno. Così ragiona, per esempio, Callicle nel Gorgia: quelli che fanno i nomoi (leggi, costumi) sono i deboli e i molti, per il loro utile (sympheron). Spaventano i più forti, che potrebbero prevalere, dicendo cheè brutto e ingiusto pleonektein (pretendere di avere più del dovuto) e cercare di prevalere sugli altri. Essi amano avere l'uguale perché sono mediocri. Ma per natura è giusto che il migliore prevalga sul peggiore, e il più potente sul meno capace. Questo la natura lo mostra ovunque, tra gli animali e tra gli uomini, nelle città e nelle famiglie. Il forte che riuscisse a liberarsi dagli incantesimi della città, sarebbe nostro padrone. Questo sarebbe il physeos dikaion (il giusto secondo la legge di natura).[483a ss.]
Come nota A.W.H. Adkins (Moral Values and Political Behaviour in Ancient Greece, New York, Norton, 1972, pp. 106-108), physis (natura) deriva da phyo (nascere; da cui il perfetto pephyka "sono per natura"): nel V secolo, la physis di una persona designava il suo essere nato in una condizione sociale particolare, e non i suoi attributi innati. Pertanto, la sofistica, pur essendo un movimento "illuministico" e tecnocratico, rafforza l'ideale tradizionale, competitivo- acquisitivo, della arete come eccellenza kata physin (secondo natura o, meglio, per "nascita") di un gruppo di privilegiati.
In questo contesto, il sofista Trasimaco nella Repubblica, quando riduce la giustizia all'utile del più forte, non è, come può apparire, un immoralista, ma sta solo portando alle estreme conseguenze i valori tradizionali dell'etica greca. Un discorso analogo vale anche per Callicle nel Gorgia.

Il sofista Protagora, nel dialogo platonico a lui dedicato, si mette invece al servizio della città per insegnare il suo sapere. Protagora illustra la convenzionalità dello spazio politico con un mito, della cui artificialità é consapevole: in seguito, infatti, egli cerca - incalzato da Socrate - di argomentare la tesi del carattere culturale della politica con un ragionamento, che significativamente si fonda sulla funzionalità delle virtù "politiche" per la sopravvivenza della città.
In origine, racconta Protagora (320c ss) , esistevano solo gli dei. Poi gli esseri viventi vengono fatti nascere dalla terra, e occorre distribuire loro le facoltà naturali che ne assicurino la sopravvivenza. Purtroppo, la distribuzione viene fatta dall'imprevidente Epimeteo, il quale, come dice il suo nome, è dotato solo del senno del poi: egli, infatti, quando giunge agli uomini, si rende conto di aver già distribuito tutte le doti naturali - denti, artigli, vista acuta, velocità nella corsa e così via - agli animali. Gli uomini, così, sono lasciati indifesi e naturalmente indeterminati.
Il fratello di Epimeteo, Prometeo, cerca di soccorrere gli uomini donando loro il fuoco e il sapere tecnico (entechnos sophia). Gli uomini, così, sviluppano linguaggio, cultura e religione: doti, quindi, non "naturali" ma "culturali". Ma vivono ancora isolati, perché sono privi dell'arte politica, e dunque della capacità di mediare e di coordinare le esigenze individuali.
Deve intervenire Zeus in persona, che in questo mito integra l'opera del "tecnico" Prometeo in maniera non conflittuale, bensì collaborativa, per dare a tutti gli uomini aidos e dike, cioè pudore (come capacità di vergognarsi) e giustizia. Le cognizioni tecniche possono essere distribuite secondo i criteri della divisione del lavoro; ma pudore e giustizia fanno dell'uomo un essere politico, cioè una creatura capace di vivere in uno spazio convenzionale e comune, e dunque devono essere assegnati a tutti.

Fra Protagora il sofista e Solone il moralista non c'è grande differenza: la giustizia politica è una tecnica artificiale di mediazione che però deve essere pensata come qualcosa di più - universale, comune, di origine divina.

Come nota G. Cambiano (Platone e le tecniche, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 3-13) Il mito narrato da Protagora rappresenta la società come un un immenso apparato educativo: l'uomo si identifica con l'animale sociale, ed è tale solo perché possiede la "tecnica" politica. E in un ambiente in cui una determinata tecnica sia al centro dell'interesse sociale, tutti ne divengono almeno discreti possessori. Il sofista non insegna la tecnica politica, ma la perfeziona e fa progredire gli altri nella conoscenza - integrando dunque l'educazione tradizionale con una tecnica sofistica. Questo giustifica sia la struttura democratica ateniese, sia il compito del sofista: ma una simile giustificazione funziona solo nella misura in cui i valori della società sono compatti e non conflittuali. Soltanto con questo presupposto, infatti, è possibile pensare la tecnica politica come distribuita in tutti.
Se questo presupposto viene meno, il rapporto fra tecnica e politica deve fare i conti con i problemi "prometeici": come organizzare politicamente una sapere che fin dalla sua origine non è distribuito in modo uniforme?


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