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L'invenzione della politica |
Ultimo aggiornamento 17 ottobre 2002
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La nascita della polis
A partire dall'VIII secolo, la crisi della monarchia conduce alla formazione di una polis (città-stato) aristocratica, dominata da proprietari terrieri, in costante competizione per la supremazia. Nel corso del VII e del VI secolo, questa aristocrazia si indebolisce progressivamente, sia per il carattere competitivo dell'etica aristocratica, sia per lo sviluppo dei commerci e della colonizzazione, sia perché alla cavalleria subentra, come nerbo dell'esercito, la fanteria oplitica.
La cittadinanza antica è intesa come partecipazione alle sorti, anche militari, della comunità: ora questa possibilità, essendo l'equipaggiamento di un oplita assai meno costoso di quello di un cavaliere, è aperta a un numero maggiore di individui. Quando, nel V secolo, la flotta diventerà la componente principale della potenza militare di Atene, si getteranno le basi per un ulteriore ampliamento della cittadinanza: anche un nullatenente può dare, come rematore, un prezioso contributo alla marina. Nel concetto antico di cittadinanza è inclusa la partecipazione diretta alle decisioni comuni, sia che si tratti delle eterie (confraternite) che sono in vincolo primario di solidarietà o philia nelle società aristocratiche arcaiche (come testimonia il lirico Alceo, fra il VII e il VI secolo), sia che si tratti, successivamente, della città nel suo complesso. La cittadinanza, anche quando viene allargata, è qualcosa di esclusivo: è generalmente cittadino a pieno diritto solo chi è figlio di madre cittadina. Le donne, che giuridicamente restano minorenni per tutta la vita, sono peraltro escluse de iure dall'esercizio della cittadinanza, così come avviene de facto per chi deve lavorare per vivere. Schiavi e stranieri sono esclusi anche dalla titolarità della cittadinanza: perfino nelle fasi più democratiche, le poleis greche sono in realtà governate da una minoranza. Anche per questo, quasi tutti i protagonisti della vita politica ateniese sono ricchi e aristocratici. Il passaggio dalla monarchia all'oligarchia e alla democrazia avviene nel corso di tre secoli di stasis (guerra civile, nel senso di lotta intestina entro una città). Infatti, l'etica aristocratica, fortemente competitiva, non prevedeva l'idea di uno spazio politico e giuridico comune. Questo spazio deve essere costruito, e deve pertanto avere un autore: non a caso, a questo periodo risalgono le figure semileggendarie dei legislatori: Dracone e Solone ad Atene, Licurgo a Sparta. Le leggi della città sono nello stesso tempo il prodotto istituito da una volontà e un patrimonio comune tramandato dal passato: per questo - in un modo simile a quanto avviene con la poesia omerica - si intendono come fatte da un individuo che è una sorta di nome collettivo, e dunque qualcosa di più che un semplice essere umano. Solone, eletto arconte nel 594, per conciliare i conflitti fra aristocratici e demos,"inventa" la polis come uno spazio comune (koinon), ove regnano non individui, ma regole collettive e condivise, le leggi. La dike (giustizia) è ancora divina, ma, nello stesso tempo, si identifica con la giustizia realizzata nello spazio comune della città. Solone scrive le sue leggi senza trarre ispirazione da se stesso, ma sotto la dettatura dell'oracolo di Delfi, il quale chiede a ciascuno di non trasgredire i suoi limiti con le proprie pretese, commettendo hybris. Il concetto di hybris acquisisce una connotazione comunitaria: non sa stare al suo posto chi viola e "privatizza" lo spazio comune con le sue pretese smodate (pleonexia). Scrissi leggi allo stesso modo (homoios) per il non nobile (kakos) e per il nobile (agathos), adattando a ciascuno retta giustizia.La forza (Kratos) della legge, che si vale anche della violenza (bia), crea uno spazio intermedio pubblico e neutro, al di là degli interessi delle fazioni. Uno spazio che riassorbe anche la religione: garante della dike non è più solo Zeus, ma anche la divinità protettrice di Atene: Pallade Athena, figlia di Zeus e dea della sapienza. La logica della polis comporta delle gravi ambiguità: religione e morale vengono politicizzate e particolarizzate, proprio mentre filosofi come Senofane criticavano il particolarismo e l'antropomorfismo della pietà popolare. Inoltre, come mostra la tragedia Antigone, nulla assicura che il nomos (legge, ma anche "convenzione") cittadino sia identico alla legge divina. Infine, la costituzione di uno spazio neutrale non mette di per sé al riparo dalle pretese competitive di chi aderisce a un'etica aristocratica. Esse, anzi, rimanendo oltre questo spazio, restano intatte, e si ripresentano puntualmente, sulla bocca di aristocratici e sofisti, in tutti i periodi di crisi. Per di più, il luogo dell'uguaglianza è un'isola in un mondo in cui dominano i rapporti di forza: basti pensare, all'interno dell'oikos, alle relazioni ferocemente disuguali fra uomini e donne, padri e figli, padroni e schiavi, e alla continua lotta per l'egemonia che caratterizza le relazioni fra le città, e interrotta temporaneamente solo a causa della minaccia persiana. Di questa logica è testimonianza è l'argomentazione che lo storico Tucidide mette in bocca ai rappresentanti ateniesi, nel loro negoziato con l'isola di Melo. Un'altra testimonianza importante è rappresentata dalla Costituzione degli Ateniesi, un libello anonimo di poco precedente a Tucidide: gli assetti di potere della polis democratica non si basano sulla creazione di uno spazio comune, bensì sulla forza del demos. E' la forza del demos che impedisce di dominare a coloro che sono dotati di arete, nel senso aristocratico e omerico del termine. La giustizia delle comunità politiche si fonda solo sulla forza: una forza che è arete se esercitata dagli aristocratici, e che si vela di inganno se viene esercitata dal demos, dai kakoi. Alla riforma di Solone segue un periodo di conflitti fra le famiglie aristocratiche, che sfocia nella tirannide di Pisistrato e dei suoi discendenti. Dopo il rovesciamento della tirannide, l'aristocratico Clistene opera una rifoma "democratica": "essendo in inferiorità, associò il demos alla propria eteria" (Erodoto, 5, 66). Ad Atene, viene introdotta l'isonomia. Tutti sono soggetti alla stessa legge; la rotazione e il sorteggio nella partecipazione alle cariche politiche sta ad indicare che tutti hanno la medesima arete, e trovano il loro senso nella partecipazione alla comunità. La città, con la sua intensa vita pubblica e con i suoi legami omoerotici diventa un luogo di educazione permanente. La virtù del cittadino è la sophrosyne, la temperanza come capacità di autolimitazione. Questa capacità di controllo di sé non è solo una virtù civica importante, ma anche una essenziale virtù militare: sia l'oplita che combatte in falange, sia il rematore al banco di una triremi, devono obbedire agli ordini e rimanere al posto loro assegnato. Le sorti delle battaglie terrestri e navali dipendono dall'autocontrollo e dalla collaborazione di tutti: una falange o una nave da guerra diventano vulnerabili se si scompagina l'ordine dei soldati o dei rematori. ![]() |
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La politica prima della polis Il modello del legislatore: Licurgo La libertą degli antichi La sophrosyne come virtł politica Erodoto: il dibattito sulle costituzioni |