Le
culture ad oralità primaria
In Orality
and Literacy. The Technologizing of the Word, London and N.Y.,
Methuen 1982 (trad. it. di A. Calanchi Oralità e scrittura. Le tecnologie
della parola, Il Mulino 1986) Walter J. Ong affronta - da un punto
di vista sincronico e diacronico - il tema delle differenze tra culture
a oralità primaria, del tutto ignare della scrittura e della stampa,
e culture chirografiche, che si basano sulla scrittura.
La scoperta delle culture orali primarie è relativamente recente e strettamente
legata alla storia della questione omerica.
Ong deriva la propria teoria e il metodo della ricerca dagli studi degli
oralisti, inaugurati dal classicista americano Milman Perry. Perry nei
primi anni Venti sulla base di studi filologici e di ricerche etnologiche
condotte in jugoslavia, mise in luce la natura essenzialmente orale
dei poemi epici, fondata sulla natura del suono costruita tramite l'esametro.
Se delle oltre tremila lingue parlate oggi solo settantotto posseggono
una letteratura, Ong sottolinea che l'oralità fondamentale del linguaggio
è un carattere stabile. L'ipotesi oralista sottolinea che la scrittura
è stata inventata in un preciso momento della storia dell'uomo e spinge
a riflettere su processo di tecnologicizzazione della parola come transizione
tuttora in evoluzione. Eric Havelock ha esteso il lavoro di Milman Perry,
Adam Perry e Albert Lord mostrando come gli inizi della filosofia greca
siano legati alla ristrutturazione del pensiero operata dalla scrittura.
La scrittura è disumana,
distrugge la memoria,
è inerte e non
può difendersi. Queste critiche, che Platone muove alla
scrittura, sono le stesse che oggi molti rivolgono al computer. In realtà
Platone, come mostra Havelock, fonda
la sua epistemologia proprio sul rifiuto del vecchio mondo della cultura
orale rappresentato dai poeti. La scrittura, come Platone ha sottolineato,
è una tecnologia della parola, e se le tecnologie sono artificiali,
l'artificialità è naturale per l'uomo. Essa infatti è stata l'evento
di maggior importanza nella storia delle invenzioni tecnologiche dell'uomo
poiché ha trasformato pensiero e discorso. Di particolare interesse
per noi può dunque ricostruire alcune tappe di questo processo.
Quali
sono i tratti di una cultura orale primaria? Gli studi degli oralisti
hanno mostrato che non è facile rispondere a questa domanda, poiché
la scrittura pone l'alfabetizzato in una condizione di non ritorno,
e non è possibile, per noi, pensare le parole senza vederle. In una
cultura ad oralità primaria, invece, le parole sono suoni cui non corrisponde
alcun luogo: il suono esiste nel momento in cui viene emesso e percepito
per poi sparire. Le parole di Omero sono sempre “alate”.
La
prima caratteristica fondamentale della psicodinamica orale è l'interiorità
del suono: solo l'udito infatti “può prendere
atto dell'interno di un oggetto senza penetrarlo” (p. 105). L'udito,
a differenza della vista che isolando i singoli elementi li separa,
li unifica e li armonizza.
“Un'economia verbale dominata dal suono tende verso l'aggregazione
(armonia) piuttosto che verso l'analisi disaggregante (che compare assieme
alla parola scritta, visualizzata). Tende anche all'olismo conservatore
(il presente omeostatico che dev'essere mantenuto intatto, le espressioni
formulaiche che devono essere conservate), al pensiero situazionale
(di nuovo olista, con l'azione umana al suo centro) piuttosto che a
quello astratto, ad una organizzazione della conoscenza centrata attorno
alle azioni di esseri umani o antropomorfi, piuttosto che attorno a
cose impersonali”. (p.108)
In una cultura ad oralità primaria il pensiero e l'espressione
tendono ad essere strutturati per favorire una facile memorizzazione
e possono essere classificati secondo alcune caratteristiche. Essi sono
- paratattici
invece che ipotattici, ovvero basati su una struttura
di frasi coordinate e non su una sintassi costruita con subordinate;
Ong riporta un utile esempio di due versioni della Genesi; la prima
è del 1610, la seconda del 1970.
"All'inizio
Dio creò i cieli e la terra. E la terra era sgombra e vuota, e le tenebre
stavano sulla superficie del mare; e lo spirito di Dio si muoveva al
di sopra delle acque. E Dio disse: Sia la luce. E la luce fu. E Dio
vide che la luce era buona; e separò la luce dalle tenebre. Ed egli
chiamò la luce Giorno, e le tenebre notte; e ci fu sera e mattina, un
giorno".
"
All'inizio, quando Dio creò i cieli e la terra, la terra era una terra
desolata e senza forma, e le tenebre coprivano gli abissi, mentre un
vento potente soffiava sulle acque. Allora Dio disse "vi sia luce",
e vi fu luce. Dio vide com'era buona la luce. Da allora separò la luce
dalle tenebre. Dio chiamò la luce "giorno" e le tenebre le chiamò notte.
Venne così la sera, e poi il mattino, ed era il primo giorno".
- aggregativi
piuttosto che analitici: le espressioni tradizionali
nelle culture orali sono ricche di epiteti o caratteri fissi e non
possono essere disgregate.
Esempi sono gli epiteti ("astuto Odisseo", "Achille
piè veloce", ma anche, in esempi più recenti, la
"bella principessa", o "il soldato coraggioso").
La ricchezza e pesantezza delle formule del discorso orale, che spesso
sono ampie e arrivano a coprire interi versi, ne rendono caratteristica
la
- ridondanza
o “copia”, che sarà un fenomeno
tipico anche della retorica. Accanto all'assenza del supporto visivo,
il pubblico numeroso e la presenza di suoni musicali che accompagnano
il canto del poeta, rendono le
frequenti ripetizioni necessarie. Nell'atto
della rappresentazione poetica è meglio ripetersi piuttosto
che tacere. Essi inoltre sono
- conservatori
o tradizionalisti: le formule vengono ristrutturate,
ma non sostituite ed è la necessità di una facile memorizzazione
blocca la sperimentazione intellettuale, favorendo la trasmissione
acritica dei contenuti e con essi dei valori della società;
- vicini
all'esperienza umana: i racconti in una cultura orale
sono sempre in riferimento alla vita concreta dell'uomo; il pensiero
orale è stato definito pre-logico nella misura in cui non comprende
astrattamente le categorie della logica occidentale, pur facendone
uso concretamente.
- dal
tono agonistico: il potere riconosciuto alla
parola, ne fa un'arma, poiché dall'esito dei discorsi dipende
l'esito delle decisioni. Comune a tutti i testi antichi, compresa
la bibbia, è l'insulto.
- enfatici
e partecipativi: c'è identificazione empatica col
conosciuto. Il cantore si identifica con la storia e il protagonista.
Il
sistema della memoria, inoltre, è omeostatico,
ovvero elimina le memorie che non hanno più rilievo (o sono scomode)
per il presente, e situazionale piuttosto
che astratto: le domande di tipo analitico compaiono
in uno stadio di alfabetizzazione avanzato, e la memoria orale funziona
in modo assai diverso da come un alfabetizzato possa immaginare. L'espressione
orale inoltre non è mai solo verbale, ma è uno stile
di vita 'verbomotorio' (M. Jousse, Le style oral
rytmique et mnémotechnique chez les Verbo-moteurs, G. Beauchesne,
Paris 1925), che coinvolge il corpo intero dell'individuo in ogni attività:
ogni azione e interazione è retorica.
Lo
studio delle trasformazioni legate al passaggio da una cultura completamente
ignara dell'uso della scrittura ad una cultura alfabetizzata introduce
ad una serie di tappe obbligate: l'invenzione
della scrittura, la nascita dell'alfabeto
fonetico greco, e il rapporto tra
i Greci e la scrittura nel V secolo
a.C., una volta che questa è diventata una pratica diffusa.
Lo studio di Walter Ong si riallaccia inoltre alle ricerche sulla nuova
oralità, e rende lo studio dei Greci particolarmente attuale.
L'oralità secondaria presenta somiglianze con la vecchia per
la sua mistica partecipatoria, il senso della comunità, la concentrazione
sul presente e addirittura per l'uso di alcune formule, ma essa genera
il senso di appartenenza a gruppi molto più ampi - a ciò che McLuhan
chiama “villaggio
universale”. Ong, pur non facendo esplicito riferimento alle
nuove forme di comunicazione che crea Internet, sembra anticipare alcune
delle caratteristiche messe in luce da Pierre
Lévy: la struttura della rete, secondo il filosofo francese, può
essere compresa con la nozione di "universale
senza totalità", la quale si fonda su di un ordine non
gerarchico che riflette la struttura ipertestuale e può essere interpretato
nella prospettiva di ciascun nodo.