Bollettino telematico di filosofia politica

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Vandana Shiva: la proprietà intellettuale come paradigma occidentale

La verosimiglianza della profezia di McLuhan dipende strettamente dal regime della proprietà intellettuale. Se il discorso, come gli oggetti materiali, ha dei padroni privati, la sua accessibilità sarà sottoposta a leggi economiche e la vita teoretica sarà subordinata, oggettivamente e soggettivamente, all'economia. Se il discorso, in quanto bene comune, non può avere proprietari privati, allora potrà essere raccolto da tutti: la vita teoretica, in questo caso, rimane virtualmente aperta sia sul piano soggettivo sia sul piano oggettivo. La pensatrice indiana Vandana Shiva identifica la prospettiva dell'occidente con la prima opzione: il discorso ha dei padroni privati - dei padroni tanto forti e prepotenti da pretendere di appropriarsi dei discorsi che altri hanno lasciato e voluto condivisi e liberi. 18

Secondo la Shiva, il tentativo di estensione globale del sistema dei brevetti e dei diritti di proprietà intellettuale vigente negli Stati Uniti può essere visto come l'estensione del colonialismo al mondo delle idee. Nel 1493 papa Alessandro VI, nella sua funzione di arbitro fra spagnoli e portoghesi, assegnò ai Re Cattolici, con la bolla Inter Caetera, tutte le terre al di là di una linea di demarcazione posta cento miglia ad ovest delle Azzorre. In questo modo l'usurpazione coloniale venne trasformata in volere divino, sulla base del presupposto che le popolazioni delle terre così arbitrariamente assegnate fossero riducibili alla stregua di natura priva di ogni forma di umanità e libertà. La pretesa di appropriarsi del codice genetico tramite brevetti e diritti di sfruttamento esclusivi si basa su una logica analoga: tutto ciò che non è stato sottoposto al regime eurocentrico della proprietà privata - per esempio perché è stato da sempre patrimonio collettivo di una cultura tradizionale - può essere liberamente privatizzato. Vandana Shiva chiama questa processo di recinzione dei territori comuni del mondo delle idee biopirateria e si propone di combatterla per salvaguardare la diversità culturale e biologica. 19

I brevetti sulla vita hanno ad oggetto la creatività dei sistemi di vita che si autoriproducono e auto-organizzano, gli spazi interni dei corpi, e gli spazi liberi della creatività intellettuale. Sono, solitamente, giustificati come stimolo alla creatività, ma hanno un impatto opposto, sia perché restringono l'uso - e quindi il miglioramento e lo sviluppo - delle conoscenze tutelate, sia perché presuppongono che l'unico possibile incentivo alla ricerca sia la sete di guadagno economico, sia perché trascurano il carattere collaborativo, comunitario e interattivo dei sistemi di conoscenza e del rapporto fra l'uomo e la natura. Secondo la Shiva, il paradigma scientifico occidentale dominante, fondato sul riduzionismo e sulla frammentazione, non è attrezzato a tener conto di una simile complessità. Per questo motivo non è in grado di aprirsi all'idea che la creatività degli scienziati che usano gli organismi viventi per generare profitto è solo un caso marginale e parassitario rispetto alla creatività degli esseri viventi, a quella delle comunità indigene che hanno sviluppato sistemi conoscitivi per valersi della diversità ecologica del pianeta e a quella delle comunità scientifiche fondate sulla libertà del dibattito. Da questa visione riduttiva derivano due conseguenze:

Secondo Vandana Shiva, i regimi che regolano la proprietà intellettuale dovrebbero rispecchiare la diversità delle tradizioni conoscitive che stanno alla base della creatività e dell'innovazione: sarebbero, allora, necessariamente pluralistici, perché rispetterebbero anche i diversi sistemi giuridici e di proprietà delle varie culture, anziché imporre a tutti una monocultura di matrice occidentale. 20

Possiamo, tuttavia, chiederci se una simile proposta multiculturalista risolva il problema delle recinzioni nel mondo delle idee, o non ne imponga semplicemente di diverse, fondate su linee di confine culturali forse altrettanto arbitrarie e mutevoli quanto quelle ispirate ad interessi commerciali. Vandana Shiva ragiona come se l'interesse delle multinazionali per i diritti di proprietà intellettuale fosse condiviso dall'occidente in generale; come se in occidente non esistessero comunità e tradizioni collettive di conoscenza i cui princìpi sono in contrasto con le pretese dei padroni del discorso. Se la natura della conoscenza e del suo avanzamento fosse tale da richiedere dovunque e comunque libertà della vita teoretica, condivisione, interattività, il problema della proprietà intellettuale, in America come in India, sarebbe il medesimo: per quanto possano esistere paradigmi scientifici e tradizioni differenti, l'ambito nel quale questi paradigmi possono nascere e confrontarsi sarebbe uno soltanto, e dovrebbe essere uniformemente libero da restrizioni. Infatti, sottrarre la conoscenza alla pubblicità in America o in India limiterebbe la discussione e l'avanzamento della ricerca non solo per gli americani o gli indiani, ma per tutti, in quanto limiterebbe per tutti l'accessibilità dei contributi indiani o americani.

D'altra parte, noi possiamo considerare le idee di Vandana Shiva meritevoli di attenzione solo se non ragioniamo da multiculturalisti conseguenti: se riconoscessimo recinzioni culturali nel mondo delle idee, potremmo, tutt al più, dire che le idee della Shiva valgono per gli indiani, ma non costituiscono un argomento per «noi», se non da un punto di vista tassonomico. Possiamo prendere sul serio quanto sostiene l'autrice indiana solo se riconosciamo, implicitamente, il carattere virtualmente cosmopolitico del mondo della conoscenza. Solo a questa condizione, infatti, l'argomento di un indiano, come quello di un americano, deve essere preso sul serio in quanto argomento per tutti, e non trattato, riduzionisticamente e imperialisticamente, come mero spunto per una classificazione sociologica o etnografica. Non è del resto casuale che chi si occupa della questione del carattere proprietario o meno di un codice di invenzione occidentale, quello del software, abbracci tesi molto simili a quelle della Shiva.



[18] V. Shiva, Biopiracy. The Plunder of Nature and Knowledge, Foxhole- Dartington Totnes, Green Books, 1997, trad. it. Biopirateria, Napoli, Cuen, 1999.

[19] Ibidem, pp. 7-11 (trad. it. pp. 13-18).

[20] Ibidem, pp. 13-23 (trad. it. pp. 19-31).


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