Tetradrakmaton

L'invenzione della politica

Bollettino telematico di filosofia politica
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Ultimo aggiornamento 7 gennaio 2003

Lisia ed Eratostene

I protagonisti dello scritto sono Lisia, uno dei due figli di Cefalo, ricco meteco commerciante di scudi (che compare pure come uno dei personaggi della Repubblica), ed Eratostene, oligarchico ateniese che prese parte al governo tirannico al fianco di Teramene. Eratostene e Teramene avevano perseguito una linea politica moderata all'interno dei Trenta, mentre altri, come Crizia e Teognide erano favorevoli ad una condotta più repressiva nei confronti degli oppositori politici interni, e a una più salda alleanza con gli spartani. Dopo la vittoria di Trasibulo a Munichia (403 a.C.), e l'inizio dell'avanzata dei democratici in esilio, la fazione oligarchica moderata espelle i Trenta, tranne Eratostene medesimo e Fidone, ed elegge un governo provvisorio di Dieci magistrati, che avrebbero dovuto favorire il ritorno della città alla democrazia. Per questa ragione, al rientro di Trasibulo ad Atene, Eratostene ritenne di poter sperare nel perdono della città e preferì non andare in esilio, come invece avevano fatto gran parte dei capi del partito aristocratico (rifugiatisi a Eleusi).

Contro queste pretese di perdono, Lisia, che aveva perduto il fratello Polemarco, arrestato e costretto a bere la cicuta nel corso delle repressioni dei Trenta, e al quale era stato requisito l'ingente patrimonio di famiglia, scrive un'orazione d'accusa e cita Eratostene in giudizio, di fronte ad un tribunale popolare. La strategia d'accusa che egli persegue nel proprio discorso è volta alla demistificazione della tesi difensiva di Eratostene, secondo la quale questi si sarebbe comportato onestamente nei confronti della città, osteggiando il partito estremista di Crizia e favorendo il rientro dei fuoriusciti. A difesa di questa tesi, Eratostene associava la propria azione politica a quella del suo amico Teramene, anch'egli appartenente alla fazione moderata dei Trenta.

Ma Lisia confuta dettagliatamente una tale difesa, ricostruendo in modo preciso l'atteggiamento opportunistico tanto di Eratostene [37-61], quanto di Teramene [62-80], i quali avrebbero entrambi e in varie occasioni tradito la propria parte per perseguire solamente interessi personali. Un simile atteggiamento, inoltre, era stato assunto già in passato, allorché entrambi appoggiarono la prima esperienza aristocratica del governo dei Quattrocento (411a.C.-410a.C.) per poi sconfessarla al fine di ottenere il perdono dei democratici: Teramene si era in tal modo guadagnato l'appellativo di Coturno, dal nome di un calzare che s'adattava ad entrambi i piedi.

Abile e notissimo logografo (cioè scrittore di discorsi, destinati ad essere letti nel foro*), sembra che Lisia non avesse mai recitato in pubblico le sue orazioni, tranne che in questo caso (così conferma un passaggio del discorso [3]). Questa orazione, "pronunciata da Lisia in persona", dev'essere distinta da una seconda orazione contro lo stesso Eratostene, che invece risulta di autore ignoto.

La forza oratoria dell'invettiva di Lisia contro la tirannide è giunta fino ai giorni nostri quale documento tra i maggiori della profonda avversione del pensiero politico dell'età classica verso quella forma di governo, intesa non solo come ingiusta, ma come vero e proprio punto di demarcazione tra la civiltà, che è propria della vita associta nella città, e la barbarie, a cui spesso veniva associato l'ordinamento politico dispotico.





* Il processo prevedeva che in tribunale accusato e accusatore dovessero fare le loro arringhe da sé; chi non era in grado di farlo, pagava un logografo e imparava il discorso a memoria.

Nico De Federicis


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