Bollettino telematico di filosofia politica

Online Journal of Political Philosophy

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Prefazione

Questo libro non dice nulla di mio. È, anzi, stato scritto per dimostrare che nessun libro che abbia un qualche interesse può dire qualcosa che appartenga soltanto all'autore. Il problema della libertà dell'informazione non soltanto dalla censura politica, ma anche dalla proprietà privata, è una questione che oggi è assai viva in rapporto non tanto alla filosofia, quanto ad altri codici che sanno cambiare il mondo: il codice del software e il codice della vita. In questi ambiti, che possono apparire tecnici, settoriali e specialistici solo se si dimentica che la modalità di distribuzione e di uso di questi codici incide profondamente sull'ambiente in cui vivono tutti, è in atto una battaglia fra i fautori della proprietà privata intellettuale - nelle forme del brevetto, del copyright, di legislazioni antipirateria, di non disclosure agreement - e i fautori di quello che può essere definito come un comunismo della conoscenza. Chi sostiene questa posizione afferma che il codice può essere sviluppato a vantaggio di tutti solo a condizione che esista una libera comunità di discussione e di sviluppo; ma la libertà di questa comunità è a sua volta resa possibile dalla libertà del suo oggetto, vale a dire dal carattere comunitario, pubblico e non privato, del codice. Lavorando in rete, ho avuto la fortuna di venire in contatto con comunità di questo tipo, e di imparare moltissime cose che altrimenti mi sarebbero state inaccessibili, perché non incluse nel curriculum ufficiale di studi delle scienze umane e sociali.

Sulla base di questa esperienza, mi è venuto spontaneo interrogare alcuni classici della filosofia, per capire se fosse possibile costruire un argomento per la libertà dell'informazione, cioè a favore del suo carattere pubblico e non privato, il quale da una parte, travalicasse i limiti delle esperienze settoriali, e, dall'altra, fondasse le loro richieste in modo più comprensivo e ampio. La filosofia, nella misura in cui non vuole ridursi a formula, ricetta e ideologia, ha bisogno di uno spazio libero di discussione che sia maggiore degli esiti dell'uno o dell'altro sistema; la democrazia, e ogni altra forma di convivenza politica che ambisca ad una giustificazione, se non vuole ridursi soltanto ad un rituale, ha bisogno della libertà dell'uso pubblico della ragione, che è qualcosa di più del pluralismo nella proprietà dei mezzi di comunicazione di massa. Rendere espliciti questi presupposti, presenti nei classici del pensiero occidentale, può servire a mostrare che le rivendicazioni della libertà del codice non sono connesse solo ad esperienze nuovissime e marginali, ma sono le condizioni di possibilità della conoscenza in generale, riconosciute da una tradizione antichissima.

I primi tre capitoli di questo volume sono dedicati alla costruzione di un argomento filosofico per la libertà ed il comunismo dell'informazione sulla base di un confronto fra Kant e Platone. Gli ultimi quattro contengono un commentario della Repubblica di Platone, finalizzato a mostrare che un testo, il quale, nel bene e nel male, è alla radice della filosofia politica occidentale, può ricevere un senso compiuto se aperto col grimaldello ermeneutico del problema della libertà e del comunismo della conoscenza, cioè con lo strumento teorico che i primi tre capitoli intendono costruire. Sono consapevole che l'abitudine di dialogare con antichi e con moderni, per farli parlare su questioni che stanno a cuore agli antichi e ai moderni in modo diverso che ai contemporanei, può apparire eterodossa a chi è abituato ad una visione storica della filosofia: d'altra parte, non ho la pretesa di raccontare una storia, ma solo quella di costruire e ricostruire degli argomenti, dal punto di vista, volutamente unilaterale, di una sola questione. Mi auguro tuttavia che questo libro, se non contiene nulla di mio, riesca tuttavia ad esprimere qualcosa di nostro.


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