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La Repubblica di Platone |
Ultimo aggiornamento 7
ottobre 2003
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Le costituzioni nella RepubblicaNell'ottavo libro
della Repubblica, Platone fa illustrare a Socrate i
differenti tipi di politeia o costituzione in relazione
ai differenti tipi di personalità umana: si sono tante
specie di uomini quante di costituzioni, perché le
politeiai nascono dai costumi dei cittadini. [544d]
All'aristocrazia, la politeia per Platone migliore, si aggiungono quattro forme costituzionali degeneri:
La storia della transizione delle costituzioni viene narrata in parallelo con una storia di mutazione individuale, nella forma di una saga familiare, che mostra come si possano allevare figli peggiori dei padri. La città ideale è posta nel passato; se ne racconta la degenerazione dal passato al presente per due motivi fondamentali:
Socrate comincia a narrare la vicenda con una invocazione ironica alla Musa, facendo il verso all'incipit dell'Iliade di Omero. [546a ss] Aggiungendo ironia a ironia, spiega, con un complicato ragionamento matematico, che esiste un numero perfetto (cioè un numero la somma dei cui divisori è uguale al numero stesso), che regola il ciclo delle riproduzioni umane; i reggitori della città non lo coglieranno, e decreteranno degli accoppiamenti in periodi sbagliati, che produrranno figli degeneri. Questi provocheranno, a loro volta, un ulteriore rimescolamento nella riproduzione, mischiando oro a argento, a bronzo e a ferro in una medesima persona. Ciò determinerà un'intima anomalia e discordia. Ci sarà un conflitto fra chi ha sete di guadagno e chi ama le antiche istituzioni, che verrà risolto privatizzando e spartendo la terra e riducendo i semplici cittadini a perioikoi e servi. Così nasce la timocrazia, che conserva, della costituzione precedente, l'onore per i magistrati e la vita comunitaria dei guerrieri, ma è dominata non da filosofi, ma da uomini rozzi, che si preoccupano solo della guerra e della ginnastica. La città è dominata dall'elemento "irascibile" (thymoeides), e dunque da uomini avidi di timé o onore, e, nascostamente, anche di ricchezze (soprattutto da vecchi) e piaceri. Nel mondo timocratico, rinasce la famiglia privata: anche il figlio di una persona perbene, poco avida di prestigio sociale e denaro, sentirà, fin da giovane, madre e servi biasimare il padre come inetto, e diventerà ambizioso e superbo: questo è il tipo d'uomo che corrisponde alla timocrazia. [547b ss] Una ulteriore transizione, verso l'oligarchia, cioè la costituzione fondata sul censo, nella quale i ricchi comandano, e il povero non ha parte nel potere, è determinata dalla segreta avidità di denaro dell'uomo timarchico. Per emularsi a vicenda, i timarchici cominceranno a fare grosse spese, e sostituiranno gradualmente la sete di onore con la sete di denaro. [550c ss] Questo era quanto stava avvenendo a Sparta nel periodo in cui Platone scriveva la Repubblica. La costituzione oligarchica stabilisce, imponendolo con la forza delle armi o del prestigio sociale, un criterio censitario per l'accesso alle cariche pubbliche e al governo della città. La città oligarchica sarà governata da una minoranza, più o meno numerosa a seconda della soglia del censo fissata come criterio per attribuire i diritti politici. Il suo errore fondamentale è connesso al criterio censitario caratteristico dell'oligarchia: se questo criterio fosse adottato - dice Socrate -, per la selezione dei piloti navali, un povero, anche competente, verrebbe escluso, a vantaggio di un ricco, anche incompentente. Il risultato sarebbe una ben triste navigazione: questo vale, a maggior ragione, anche per la polis. [551c-d] In secondo luogo, la città oligarchica è intimamente conflittuale, perché è quasi composta da due città, una di ricchi e una di poveri. In caso di guerra, i ricchi sono costretti a servirsi del popolo armato, e a temere più quello dei nemici, oppure a mettere in campo un esercito di pochi. In terzo luogo, gli oligarchici peccano di polipragmosyne, proprio perché pretendono, semplicemente in ragione del loro denaro, di occuparsi, con voce in capitolo, di tutto. In quarto luogo, lo stesso andamento del mercato costringe alcuni a vendere tutto quello che hanno ad altri. Si creerà, così, una minoranza di ricchi e una maggioranza di poverissimi. Ove il denaro è identico al potere, inoltre, fra coloro che si conserveranno o diventeranno ricchi ci saranno molti malfattori, che sfruttano e taglieggiano gli altri, e che Socrate paragona a fuchi muniti di pungiglione. [552a ss] Un mondo in cui l'economia è pensata come decisiva - sembra credere Socrate - è fatalmente un mondo oligarchico. Il tipo umano oligarchico è figlio di un timocratico, caduto in rovina e impoverito a causa della sua ambizione politica. Il figliolo, ammaestrato dalle esperienze paterne, si dedicherà al commercio per risollevarsi, mettendo da parte ogni ambizione. In lui dominerà la parte appetitiva dell'anima. Quest'uomo, grande lavoratore e risparmiatore, sarà una persona gretta e meschina, assolutamente disinteressata a pratiche antieconomiche come la paideia, o coltivazione di sé. Per questo avrà passioni da fuco, come il clientelismo e la tendenza ad abusare degli altri, soprattutto se sono deboli. Queste passioni, nei suoi rapporti d'affari, saranno tenute a freno solo dalla paura di perdere il credito. Le sue virtù, in altri termini, non sono legate a una disposizione interiore genuina, ma gli conferiscono solo l'apparenza di un uomo retto. [553b ss] Gli affaristi al potere nei regimi oligarchici non pongono ostacoli all'indebitamento e all'impoverimento dei concittadini, che va, almeno immediatamente, a loro vantaggio. Questo condurrà alla creazione di una plebe, numerosa, giovane e forte, che si ribellerà ai ricchi, pochi, anziani e deboli. Nasce, così, la democrazia. Nella democrazia, dice Socrate, i cittadini sono liberi, e fanno e dicono quello che vogliono. Questa costituzione sembra molto bella, come un abito variopinto. Anzi, a ben guardare, chi vuole fondare una polis deve rivolgersi alla democrazia, che è una specie di supermercato delle politeiai. Nel mondo democratico regna la massima tolleranza, anche perché nessuno si preoccupa dell'educazione morale dei cittadini. [557d ss] Il tipo umano democratico nasce come figlio di un oligarchico, che lo abitua a una vita parsimoniosa, nella quale si dà soddisfazione, per motivi economici, solo agli appetiti necessari alla sopravvivenza. Ma questo tipo di educazione è insipiente, e può poco contro le cattive compagnie, che abituano il giovane rampollo oligarchico a una vita dissoluta e impudente, dandosi a piaceri scelti a caso, come per sorteggio (come venivano selezionati, in prevalenza, i cittadini per le cariche pubbliche ad Atene) [559e ss] Quest'uomo isonomikos o ugualitario sarà affascinante e versatile, e invidiabile ai più, avendo in sé i più svariati paradigmi di costituzioni e caratteri. Se l'ordine nel quale vengono presentate le costituzioni va dalla migliore alla peggiore, quanto dice Socrate della democrazia è, in certo qual modo, stupefacente, perché, a ben guardare, le riconosce un certo fascino appariscente e la critica meno aspramente dell'oligarchia. Egli aggiunge, inoltre, che la democrazia, in quanto bazaar delle costituzioni, è il luogo ideale per fondare una polis. Come spiegare tutto questo? Un'ipotesi potrebbe essere la seguente: aristocrazia, timocrazia e oligarchia sono costituzioni governate da un principio psichico definito e dunque dotate di una loro forma di organizzazione interna. Democrazia (diretta) e tirannide mancano di questa organizzazione interna, e sono perciò costituzioni "destrutturate" e informi. Così si potrebbe dire che la peggiore fra le costituzioni strutturate è l'oligarchia; mentre, fra le costituzioni destrutturate, la migliore è la democrazia e la peggiore è la tirannide. La transizione della democrazia alla tirannide è dovuta, come nel caso dell'oligarchia, proprio al bene fondamentale che i cittadini si propongono. L'oligarchia va in rovina per l'avidità di denaro, e la democrazia a causa della libertà. La libertà democratica - e qui Socrate sta criticando l'Atene a lui contemporanea - è una libertà senza autocontrollo e senza educazione, che, sul piano politico, si manifesta in un conflitto fra i cosiddetti fuchi, i quali cercano di valersi del potere politico per arricchirsi, i ricchi che cercano di difendere le loro sostanze, e il demos, composto da lavoratori manuali e disoccupati. Il demos o popolo è l'elemento decisivo della democrazia, e, proprio per questo, è esposto a manipolazioni demagogiche. [562b ss] I ricchi cercheranno di difendere le loro sostanze, diventando oligarchici, se non lo erano prima. Il popolo si farà proteggere da qualche prostates, cioè da un capo che riesce a imporsi all'attenzione collettiva. Il prostates è il germoglio da cui si sviluppa il tiranno. [565d] La posizione renderà il prostates assetato di potere, che userà per vendette personali, o per sopprimere le persone migliori di lui, che potrebbero fargli concorrenza. Si farà dei nemici, che cercheranno di ucciderlo: e questo sarà il pretesto col quale chiederà al popolo una guardia del corpo. Nasce, così, la tirannide. Una volta divenuto tiranno, il prostates cercherà di mostrare un volto affabile verso i concittadini, e susciterà guerre, per legittimarsi come capo e impoverire o sopprimere i suoi nemici interni. Si circonderà di mediocri, che staranno con lui per viltà o per sete di guadagno. E si varrà dei poeti per manipolare l'opinione pubblica. Infatti, i poeti, con le loro belle voci prezzolate, sono strumenti essenziali nella tirannidi e nelle democrazie: la loro importanza decresce man mano che si progredisce nella scala delle costituzioni. [568d ss] Dopo aver parlato della tirannide, Socrate, nel nono libro, si sofferma a descrivere e a criticare il carattere tirannico come attributo individuale. La trattazione è molto estesa, perché è finalizzata a contrapporsi ad una opinione comune fra i contemporanei di Platone: il tiranno è la persona più felice perché può fare quello che vuole. Fra i nostri desideri (epithymiai), ce ne sono alcuni di selvaggi e di ferini. Questi desideri si manifestano nei sogni, quando l'elemento razionale e civile che ci governa dorme, e quello ferino e selvaggio si scatena. Ed esistono perfino nelle persone apparentemente normali e misurate (metrios), tanto che Socrate suggerisce di dedicarsi, prima di andare a letto, a pratiche di igiene psichica, come la meditazione, un moderato soddisfacimento dei bisogni corporei e l'ammansimento delle passioni dell'anima "irascibile". [571c ss] L'uomo democratico, riprende Socrate, era il figlio di un oligarchico, allevato nella grettezza, che incontra persone raffinate e piene di desideri smodati e cade sotto la loro influenza. Ma, essendo migliore dei suoi cattivi compagni, riesce a conseguire una certa qual moderazione e vive una vita non indegna di un uomo libero né contraria al nomos (paranomos) [572c-d] Immaginiamo, ora, il figlio del democratico. Anche lui frequenta compagnie simili a quelle del padre, e se ne fa influenzare al punto che nella sua anima si insedia un eros che si mette a capo di tutti i suoi desideri, e li fa suoi satelliti, sopprimendo, come un prostates o capopopolo psichico, tutto ciò che lo contrasta. Qualcosa di simile avviene, oltre che nel caso dell'eros, anche nell'ebbrezza e nella mania (invasamento, follia). Questo desiderio dominante e ossessivo lo porterà a consumare il suo patrimonio, a sfruttare e ad abusare dei genitori, a adulare gli amici finché non ottiene ciò che vuole e poi trattarli come estranei, a rubare, a uccidere. Il suo comportamento, in altri termini, può essere paragonato a quello di una persona gravemente tossicodipendente. Se in una città ci sono pochi uomini così, questi diventano semplici criminali; se ce ne sono molti, si crea il terreno per la nascita del tiranno - colui che più di tutti abbia nell'anima il tiranno maggiore. [573a ss] La tirannide, essendo un potere meramente personale, è il regime massimamente destrutturato: come l'anima tirannica è schiava di un'ossessione, così la città governata da una tirannide si regge esclusivamente sul potere di una persona, senza nessuna istituzione che la sorregga. Mentre la democrazia era destrutturata e informe perché in essa convivevano tutte le potenzialità, senza che nessuna di esse venisse coerentemente sviluppata. la tirannide è informe perché si basa sull'eros personalissimo di uno solo, senza nessuna ragione o istituzione intersoggettiva. Per questo, il tiranno è un uomo solo e impaurito, che dipende dal potere come da una droga. Sul tema del rapporto di Platone con la democrazia ateniese si veda: Arlene W. Saxonhouse, Democracy, equality, and eide: a radical view from Book 8 of Plato's Republic S.S. Monoson, Plato's Democratic Entanglements |
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