F.D.E.
Schleiermacher
Introduzione a Platone
"Se
però un tale legame esista, se un'impresa siffatta non sia inadeguata
alla cosa e troppo grande per poter riuscire in qualche modo, apparirà
nel modo migliore dalla prima presentazione che Platone stesso ci ha
offerto dei suoi scritti e delle sue intenzioni e che presto gli sentiremo
esporre nel Fedro. Infatti in una considerazione abbastanza marginale
della questione, egli lamenta come, nella comunicazione scritta dei
pensieri, resti incerto se anche l'anima del lettore l'abbia autonomamente
ricostruita e se ne sia perciò veramente appropriata o se sia giunta
ad essa solo con un'apparente comprensione delle parole e delle lettere,
con una vuota fantasticheria, come se sapesse ciò che in realtà non
sa. Per questa ragione sarebbe follia costruire tutto su questa base
e più giusto affidarsi solo al vivente insegnamento orale. Lo scrivere
deve tuttavia essere considerato molto rischioso, e più per ciò che
è per lo scrivente e per coloro come lui sanno, che non per coloro che
ancora non sanno. Chi ora voglia considerare quale sia la superiorità
tanto declamata dell'insegnamento orale e in che cosa consista, non
troverà altro argomento che questo: il maestro, trovandosi nell'insegnamento
orale in un rapporto presente e vitale con il discepolo, può sapere
ad ogni momento ciò che questi ha capito o meno, e venire così in aiuto
della sua comprensione laddove questa sia carente. Che questo vantaggio
sia tuttavia realmente conseguito dipende, come ognuno può vedere, dalla
forma del dialogo che ogni corretto insegnamento vivente deve perciò
assumere necessariamente. A ciò si collega anche quanto Platone dice
a proposito del discorso parlato, cui può venire sempre in soccorso
l'autore per difenderlo, non solo contro le obiezioni di chi la pensa
diversamente ma anche contro la rigidezza di chi ancora non sa, mentre
il discorso scritto non ha risposte per eventuali domande ulteriori.
Da ciò appare tra l'altro come abbia perso il diritto di dire anche
solo una parola su Platone colui che può pensare che questi possa essersi
servito, nel suo insegnamento orale all'interno della scuola, del metodo
sofistico per lunghe esposizioni; metodo che, per sua stessa affermazione,
lo allontanerebbe più d'ogni altro da quel vantaggio. Al contrario sempre,
e non a caso o per abitudine e tradizione, ma necessariamente e per
natura, il suo è stato un metodo socratico, e precisamente per quel
che concerne il continuo e ininterrotto scambio reciproco e la più profonda
penetrazione dell'animo dell'ascoltatore, è certo da preferire a quello
del maestro nella misura in cui il discepolo supera il maestro nella
plasticità dialettica, nonché nel dominio e nell'ampiezza dell'intuizione.
Ora poiché Platone, a parte queste riserve, dalla prima giovinezza sino
alla più tarda maturità ha scritto così tanto, è chiaro che deve aver
cercato di rendere, per quanto possibile, l'insegnamento scritto simile
a quello ritenuto migliore e deve esservi anche riuscito."
(F.D.E. Schleiermacher, Introduzione a Platone,
tr. it. di G. Sansonetti, Morcelliana, Brescia 1994, pp. 56-7)