La via verso l'alto: autonomia dell'anima e politica nella Repubblica di Platone

4. Il senso teoretico della confutazione di Trasimaco

Si potrebbe sostenere, nella tradizione dell'anti-intellettualismo novecentesco, che il dominio della politica o in generale l'ambito della prassi è indipendente dall'interesse teoretico. Nel primo libro della Repubblica, il sofista Trasimaco fa propria una tesi di questo tipo, quando afferma che la giustizia è l'utile del più forte, in combinato disposto con l'idea che la vita dell'ingiusto è sempre preferibile a quella del giusto. Per Trasimaco la pleonexia, ovvero l'interesse personale a prevaricare sugli altri, deve essere assunta come un dato politico immutabile e indiscutibile. Qualcosa, dunque, che non può essere scelto o rifiutato dall'anima razionale.

Chi legge per la prima volta, senza anamnesis, la confutazione di Trasimaco ha l'impressione che Socrate ricorra a un argumentum ad hominem. Fra le varie tesi del sofista, Socrate conviene con lui sulla caratterizzazione della giustizia come «bene altrui» (343c), con la sola differenza che il primo sostiene questa qualificazione dal punto di vista dei governati, il secondo dal punto di vista dei governanti (347d). Un governante giusto, per Socrate, non fa il suo interesse, ma quello dei suoi sudditi. Un cittadino giusto, per Trasimaco, non fa il suo interesse, ma quello di chi lo governa. Perché, allora, essere giusti?

Per Trasimaco, l'ingiustizia è areté e la giustizia una nobile ingenuità. Gli ingiusti sono prudenti e agathòi, se riescono a realizzare l'ingiustizia perfetta, sottomettendo città e popoli. Questa ingiustizia è eccellenza e sapienza (348b ss).

Socrate pone il problema delle relazioni della persona giusta e della persona ingiusta con gli altri, fermo restando che, come afferma il suo interlocutore, sono gli ingiusti ad essere intelligenti e virtuosi. I giusti vogliono pleonektéin o prevalere solo sugli ingiusti; gli ingiusti, di contro, vogliono soverchiare tutti.

In ambito scientifico, lo scienziato non vuole prevalere su chi è altrettanto esperto: in questo caso, infatti, sarà obbligato a convenire con lui. Un medico non prescrive una terapia differente da quella prescritta da un collega di cui riconosce la perizia solo perché vuole prevalere. Questa volontà di prevalere si libera solo nel caso abbia a che fare con un incompetente. Di contro, una persona ignorante non sarà in grado di distinguere l'esperto dall'inesperto e cercherà di primeggiare su tutti - esattamente come fa l'ingiusto (350a ss). Il giusto, come l'esperto in una qualche arte o scienza, ha dei criteri, diversi dall'ansia di primeggiare, per governare le proprie relazioni con gli altri; l'ingiusto, di contro, è guidato solo dal suo spirito agonistico. L'ingiustizia, dunque, è ignoranza (amathìa). Trasimaco, indotto ad ammettere questo, arrossisce: un sofista non può professionalmente permettersi di esaltare l'ignoranza.

C'è qualcosa di più, oltre a questo elemento ad hominem? La confutazione socratica si regge sulla distinzione fra l'interesse personale e le ragioni della conoscenza, intesa anche nel senso settoriale proprio della techne. Socrate suggerisce che, anche qualora il medico eserciti la sua arte per fare soldi, le ragioni interne alla medicina non si identificano con i fini di chi la esercita: anche Trasimaco, con il suo rossore, lo riconosce. Egli non è un sofista, un esperto, perché ha interesse a prevalere sugli altri, ma perché professa una sophia le cui ragioni non possono identificarsi col desiderio di prevalere, senza perdere il loro carattere conoscitivo. Ciò non nega l'esistenza e la forza del desiderio di prevalere, ma mette in luce una distinzione che, in forma elementare, può essere illustrata con un esempio di questo genere: se critico la dimostrazione di un teorema geometrico prodotta da un mio avversario accademico, adducendo la circostanza, probabilmente vera, che essa è finalizzata alla vittoria in un concorso a cattedre, la mia critica è irrilevante, dal punto di vista della geometria. Posso produrre una confutazione rilevante solo se provo che il teorema è dimostrato in modo inconsistente e scorretto, alla luce delle ragioni e delle procedure interne alla geometria.

Se si riduce la conoscenza a interesse privato, si distrugge interamente la conoscenza come tale. Perfino per affermare scientificamente che la giustizia è l'utile del più forte occorre condividere l'interesse teoretico, cioè partecipare all'anima come amore di conoscenza. La politica come tema intersoggettivo può nascere solo dalla filosofia e non da dati antropologici assunti come indiscutibili.

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