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La Repubblica di Platone |
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Dopo aver trattato lo scabroso argomento dell'uguaglianza sessuale, Socrate ne affronta uno ancora più difficile: l'abolizione della famiglia privata.
- A questo e alle altre cose prima dette segue una legge, e cioè questa. -
- Quale? -
- Che le stesse donne siano tutte comuni a tutti gli stessi uomini, e nessuna coabiti con nessuno in privato; e che anche i figli siano comuni, né il genitore conosca la propria prole, né il figlio il genitore. – (457c-d)
Socrate ha l'onere di provare che una simile cosa sia possibile, e, se possibile, auspicabile. Ma egli chiede a Glaucone una licenza: di postulare l'esistenza di ciò che desidera e di esaminarlo, in modo da mostrarne la bontà. La questione della realizzabilità, in questo modo, rimane per il momento sospesa (458a-b).
Socrate espone un dettagliato progetto di accoppiamenti eugenetici volto al miglioramento della razza, e determinato politicamente da parte di autorità che non esitano a ricorrere, qualora ce ne sia bisogno, alla menzogna e all'inganno (459c-d), per l'utilità dei governati. Questo progetto si rende indispensabile perché le persone che vivono insieme tendono ad unirsi fra loro per una necessità non geometrica, ma erotica (erotike). E occorre incanalare questi legami in modo che non costituiscano rapporti e interessi privati, ma rafforzino l'unità della città. La città dovrebbe diventare simile a una grande famiglia, in cui tutti coloro che appartengono alla generazione precedente si devono considerare genitori di tutti coloro che appartengono alla generazione successiva, e viceversa (458d ss.) L'allevamento dei figli deve essere affidato ad asili collettivi, in modo che le donne dei custodi possano svolgere i loro compiti civici senza impedimenti (460d).
In Resp. 458d, Socrate parla di necessità (anankais) non geometriche ma erotikais, cioè "amorose", le quali inducono all'unione le persone che vivono insieme ed hanno esperienze comuni.
In italiano "amore" ha uno spettro semantico, cioè un'area di significati possibili, molto più ampio del greco eros. Per esempio noi parliamo dell'amore fraterno e dell'amore sessuale usando la stessa parola. Un greco, di contro, avrebbe preferibilmente designato l'amore fraterno come philia. Questo termine si traduce normalmente con amicizia, ma ha un significato più ampio; esso designa l'affezione per un familiare, un amico o un concittadino: un legame che può essere profondissimo, ma che non comporta di per sé il coinvolgimento passionale che è caratteristico dell'eros. L'Antigone di Sofocle rischia la vita per "amore" del fratello morto, che seppellisce contro le leggi della città: ma ove a noi viene naturale dire "amore", Sofocle dice philia. Basta ricordare il celebre verso 523, nel quale Antigone si dice nata per condividere philia (symphilein) e non odio - in un dialogo il cui tema è proprio la philia per la famiglia e per la città.
Eros è amore sessuale, ma non solo: forse la parola più adatta per tradurlo è "passione". Il termine eros viene usato, nella Repubblica, sia a proposito dei tiranni sia a proposito dei filosofi. Tiranni e filosofi sono dominati dall'eros, cioè da una passione che governa interamente il loro animo: gli uni per il potere, gli altri per la conoscenza.
Nel mondo di Platone, qual era il luogo sociale dell'eros? Sicuramente, non la famiglia, che era innanzi tutto una organizzazione economica schiavista e patriarcale. I matrimoni erano combinati, per motivi di economia e di economia politica; le donne, oltre ad avere uno status giuridico di minori perenni, erano segregate. Per i familiari, il sentimento appropriato, in questa prospettiva, era la philia, che è anche il legame che unisce i compagni in una impresa comune.
Passioni coinvolgenti e totalizzanti si potevano avere altrove, nella vita della comunità: per esempio per i ragazzini liberi sulla soglia della pubertà - questi legami omoerotici fra un ragazzo e un uomo più anziano venivano considerati una istituzione educativa - o, come suggerisce Platone, per il potere o la filosofia. Insomma: che la comunità politica è il luogo dell'eros era una affermazione, al tempo di Platone, quasi banale: l'eros sorge fra persone che fanno vita in comune. Non fra moglie e marito, che non si vedono quasi mai, ma fra compagni che condividono una esistenza pubblica, nel luogo proprio della libertà degli antichi.
Quello che non è banale è l'uso, proposto dal Socrate della Repubblica, della "necessità erotica". Nel mondo reale di Platone c'era un nesso fra famiglia, economia e riproduzione. Da questo nesso veniva lasciato fuori l'eros, ma non certo l'economia, nel senso etimologico di "amministrazione della casa". I padri, per esempio, potevano non accettare i figli neonati ed esporli, condannandoli dunque a morire di fame o ad essere allevati come schiavi. Questa sorte era abbastanza comune - soprattutto per le bambine - nei periodi di crisi economica.
Nella città ideale le cose non stanno così: viene infatti istituito un nesso fra eros, riproduzione e politica, che induce a trasferire al potere politico delle pratiche che erano tipiche della vita familiare, almeno finché dura l'età riproduttiva (461b-c). Non bisogna fare l'errore, quando si legge Platone, di trattare la famiglia cui egli si riferisce come se fosse quello cui pensiamo noi oggi, in maniera più o meno sentimentale e idealizzata. Legami politici, familiari ed erotici devono diventare tutt'uno - a differenza di quanto accadeva nel mondo reale. Philia e eros devono essere finalizzati politicamente. La logica della famiglia e quella della comunità politica devono essere unificate: l'essere umano deve essere reso unitario e in armonia con se stesso.
Secondo la studiosa femminista americana Susan M. Okin, la proposta platonica di eliminare la famiglia e di trasformare la comunità politica in una grande comunità fraterna, nella quale perfino gli accoppiamenti sono determinati in base agli interessi eugenetici della città, deve essere valutata in relazione al suo orizzonte storico: la famiglia “reale” che Platone voleva abolire era una comunità economica schiavista e patriarcale, che si occupava solo dei bisogni materiali e riproduttivi, perché a quelli affettivi ed erotici provvedevano, fuori casa, la pederastia e le cortigiane. Numerosi interpreti del XX secolo hanno rigettato questo progetto, ritenendolo totalitario, lesivo dei più profondi affetti individuali, o semplicemente inattuabile. Ma, se ricordiamo il carattere dell’oikos antico, non possiamo sostenere che il sistema di accoppiamento eugenetico previsto nella Repubblica violentasse, nel suo contesto storico, le più profonde emozioni umane: la famiglia greca non era, infatti, il centro delle più profonde emozioni umane. Né è possibile sostenere che il progetto platonico è fallimentare semplicemente perché gli uomini desiderano per natura avere figli propri e perché il controllo politico sul comportamento eterosessuale mette a tacere le normali pretese dell’eros, senza presupporre antistoricamente la famiglia nucleare di epoche molto successive, quando, nell’Atene del V secolo, il luogo prevalente dell’amore erano le relazioni omosessuali e non il matrimonio. La vita di una qualsiasi donna greca rispettabile era molto più controllata di quella dei componenti delle classi superiori nella polis ideale della Repubblica: le donne ateniesi rimanevano in uno stato di minorità, e il loro tutore legale poteva decidere del loro destino, a suo arbitrio. Se leggiamo la Repubblica nel suo contesto storico, ci accorgiamo che Platone chiede agli uomini di scindere i doveri coniugali dall’affettività personale, com’era già loro abitudine, ma offre alle donne un accesso paritario all’istruzione e alla vita politica che, di fatto, era loro rigorosamente negato. 39
Se prendiamo sul serio la contestualizzazione della Okin, appare chiaro che il contrasto fra pubblico e privato che Platone si propone di dissolvere non coinvolge il piano affettivo, bensì quello economico. Platone poteva permettersi di disgiungere le due prospettive in virtù della cultura cui apparteneva. Questa disgiunzione, per lo stato della tecnologia riproduttiva, rimane in lui soltanto teorica e imperfetta, tanto che la Repubblica non può evitare di proporre un controllo governativo dell’eros, in quanto legato alla riproduzione, e dunque, entro questi limiti, dell’affettività. 40 Ma noi possiamo e dobbiamo preliminarmente disgiungere la prospettiva affettiva e quella economica in modo perfetto, in virtù delle tecnologie di ingegneria genetica e di riproduzione artificiale, per le quali non possiamo più dare per scontata la riproduzione “naturale”, entro una famiglia da considerarsi altrettanto “naturale”. Anche se, sulla famiglia, non siamo disposti a pensare come Platone, il fatto che oggi stia diventando possibile il controllo tecnologico della riproduzione impone di trattare e di motivare come una scelta quello che in passato si doveva considerare soltanto come una necessità. Il codice genetico deve essere privato oppure pubblico?
La sezione del V libro della Repubblica dedicata alla comunanza, all’uguaglianza delle donne e alla programmazione eugenetica ha una reputazione inquietante, sia perché propone l’abolizione della famiglia privata, sia perché può essere interpretata in senso totalitario e razzista. Il primo traduttore latino di Platone, l’umanista toscano Leonardo Bruni, rifiutò addirittura di tradurre la Repubblica, per timore che le sue idee radicali sulla “comunione delle mogli” sconvolgessero il suo pubblico fiorentino: «Multa sunt in iis libris abhorrentia a moribus nostris, quae pro honore Platonis tacere satius est, quam proferre». (Epistulae, IX, 4) Platone, in verità, riservava esplicitamente il suo progetto ad una comunità piccola, che sarebbe paragonabile, oggi, non agli stati totalitari del XX secolo, ma, tutt’al più, alle esperienze socialiste dei kibbutzim israeliani. Nel mondo di Platone, del resto, si praticava normalmente la selezione genetica, che poteva essere privata ed economica, cioè familiare, come ad Atene, o pubblica, cioè politica, come a Sparta. I termini del contendere, nella prospettiva platonica, non sono fra una riproduzione basata sull’affettività e una riproduzione basata sulla selezione razziale, bensì, semplicemente, fra una selezione genetica governata da criteri economici, cioè dall’amministrazione privata della casa, all’ateniese, e una selezione governata da criteri politici, alla spartana.
La Repubblica 457c-461e.
[ 39 ] S.M. Okin, Women in Western Political Thought, Princeton, Princeton U.P., 1979, pp. 28-50.
[ 40 ] Come nota C. Quarta (L’utopia platonica, Milano, Angeli, 1985, pp. 190-249), la soluzione tecnica ottimale conseguente alla distinzione platonica fra procreazione e rapporto affettivo sarebbe stata la fecondazione artificiale. Quarta spiega la posizione platonica nel seguente modo: la procreazione, il fatto specifico per eccellenza è un fatto di società, tanto è vero che l’individuo mortale partecipa dell’immortalità solo come essere di specie (Simposio). Se dunque la procreazione è un fatto sociale, la società può e deve intervenire su di essa.
La Repubblica di Platone
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