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Il Politico di Platone |
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Se si accetta il principio che la politica debba fondarsi su una forma di sapere scientifico, si deve ricercare a quale costituzione è congiunta la scienza dell'autorità (arché) sugli esseri umani, allo scopo di distinguere un basileus intelligente dai molti che si fingono dotati di competenza politica senza esserlo davvero (292d).
E' possibile che una moltitudine (plethos) sia in grado di acquisire questa scienza? Fra mille uomini, chiede l'eleatico, chiarendo finalmente il senso delle sue allusioni antidemocratiche, se ne riusciranno a trovare cento o cinquanta politicamente competenti? Socrate il Giovane risponde di no: fra mille uomini è difficile trovare cento o cinquanta giocatori eccellenti di petteia; a maggior ragione, saranno pochi quelli dotati della scienza regia, anche se la intendiamo come una competenza indipendente dall'esercizio del governo (292e). L'episteme politiké si ritroverà, dunque, solo in una o pochissime persone.
Come giudichiamo della techne di un medico? Sia che ci curi contro la nostra volontà oppure no, basandosi o no su scritti (kata grammata), sia che sia ricco sia che sia povero, un medico è tale se sa sovraintendere alle nostre cure con competenza, migliorando la nostra salute (293a-b).
Analogamente, se la politica è pensabile come una scienza, fra le costituzioni l'unica corretta sarà quella in cui i governanti ne sono veramente dotati, siano ricchi o poveri, governino o no secondo leggi, con il consenso dei governati o senza (293c). Tutte le altre forme di costituzione non vanno considerate genuine e autentiche 42 , ma soltanto imitazioni, di varia qualità, dell'unica costituzione giusta (293e).
Socrate il Giovane, pur riconoscendo che per il resto l'eleatico ha parlato entro la misura (metrios) ha difficoltà ad accettare l'idea di una autorità che governa senza leggi (293e) - di una autorità che appare pericolosamente vicina alla tirannide.
Per quanto la nomotetica o tecnica della legislazione sia parte della techne regia, afferma l'eleatico, è meglio che a prevalere non siano le leggi, bensì un re intelligente (294a). Il nomos, infatti, non è in grado di abbracciare insieme con esattezza ciò che è più nobile e giusto per tutti e dunque non può prescrivere il meglio: le dissomiglianze fra gli esseri umani e fra le loro azioni impediscono a qualsiasi techne umana di produrre qualcosa di semplice che valga per tutti e per sempre (294b). Questa tesi, presa alla lettera, suonerebbe molto eleatica e poco platonica: se accettiamo che la realtà sia mutevole e molteplice - anziché unitaria, semplice e perennemente uguale a se stessa - dobbiamo abbandonare la speranza di ridurla sotto regole. A questa critica così eleatica, il forestiero aggiunge l'argomento, assai più platonico, della finitezza del sapere dal quale derivano le leggi. La legge è come un essere umano ignorante e ostinato il quale non permette che si trasgrediscano i suoi ordini e non accetta che gli si facciano domande, neppure se a qualcuno è venuta in mente una cosa nuova e migliore rispetto al suo logos (294c). Essa, in altre parole, è un prodotto del sapere umano: ma mentre il nostro sapere, in quanto storico e finito, non può mai intendere se stesso come definitivo, la legge sembra avere la pretesa di valere per sempre.
Nel dialogo Fedro, Platone aveva fatto dire a Socrate che il sapere, propriamente, non è l'informazione immobile fissata in un testo, anche legislativo, bensì la conoscenza viva delle persone: solo le persone, infatti, sono in grado di capire, dimostrare, sviluppare e superare il senso di uno scritto. L'argomento del Fedro era pensato in primo luogo per la comunità scientifica, ma se ne suggeriva l'estensione anche alla comunità politica. Qui, però, l'eleatico pone una questione soltanto politica: perché, posto che la legge non è la cosa più corretta, è necessario legiferare? (294c-d)
Gli allenatori che allenano un gran numero di atleti non possono dedicarsi a ciascuno per prescrivergli gli esercizi più adatti al suo caso particolare: ordineranno, dunque, gli esercizi adatti ai più (294e). Analogamente, il legislatore, legiferando per tutti, non riuscirà mai ad attribuire a ciascuno quanto gli si addice, bensì deliberarà per i molti, e solo grossolanamente per ciascuno, sia che lo faccia per iscritto sia senza scrittura, secondo il costume degli antenati (295a). Se. infatti, un legislatore fosse costantemente in grado di conoscere ciascuno in tutte le sue particolarità, non avrebbe certo difficoltà a produrre leggi scritte (295b): la legge non è rigida perché è scritta, ma perché il sapere di chi la compone è finito.
Immaginiamo ora, dice l'eleatico, che un medico o un maestro di ginnastica debbano allontanarsi dai pazienti o dagli allievi per un certo periodo di tempo e che, per far loro ricordare le sue istruzioni, scriva loro un promemoria (hypomnema) (295c). In questo caso, le regole scritte avrebbero, proprio come teorizzato nel Fedro, solo la funzione di rinfrescare la memoria: servirebbero, cioè, a trasmettere delle informazioni che, di per sé, non sono più o non sono ancora sapere nel senso forte del termine. Infatti, se il legislatore ritornasse prima del previsto e vedesse che le condizioni sono cambiate, sarebbe ridicolo se volesse conservare le vecchie leggi anziché adattarle alla nuova situazione (295d-e). Se le leggi scritte o tramandate dalla tradizione sono solo un surrogato del sapere scientifico, allora chi è dotato di scienza deve anche essere legittimato a superarle (295e-296a).
Esiste, però, un argomento che differenzia la scienza dalla politica: se a qualcuno vengono in mente leggi migliori di quelle esistenti, può modificare queste ultime solo dopo aver persuaso la polis a cambiarle (296a). 43
L'eleatico ripropone il parallelo con la techne medica: se un medico curasse un paziente in modo tecnicamente corretto ma contro la sua volontà, la sua azione non potrebbe essere definita sbagliata e poco salutare, da un punto di vista strettamente tecnico (296b). Ora, azioni turpi, cattive e ingiuste possono essere dette errori che contrastano con la techne politica: ma se qualcuno è costretto a fare cose migliori, più nobili e più giuste contro le leggi esistenti, scritte o consuetudinarie, sarà corretto dire che queste azioni sono cattive solo perché imposte illegalmente (296c-d)?
L'argomento dell'eleatico suggerisce che l'azione di un politico dotato di scienza non sia arbitraria come quella di un tiranno, perché trova la sua regola non nel diritto positivo, bensì nella scienza stessa. In questo modo, dice l'eleatico riprendendo una famosa metafora della Repubblica, il politico sapiente agisce come il pilota che fa l'utile dei suoi passeggeri «non ponendo lettere (grammata), bensì presentando la techne come legge». La costituzione supremamente corretta, pertanto, è quella in cui la techne è più forte delle leggi (297a).
L'assimilazione della politica alla scienza è un tema tipicamente socratico-platonico, che si può rintracciare fin dall'Apologia di Socrate. E' una soluzione tirannica? Nel mondo di Platone, la cittadinanza era intesa da tutti come una militanza all'interno di una comunità totale, a un tempo politica, religiosa, morale e culturale: i democratici pensavano che in questa comunità la legittimità riposasse sulla volontà popolare, al di sopra della scienza; Platone, di contro, voleva fondarla sulla scienza, al di sopra della volontà popolare.
Ci si può chiedere se questa scienza, proprio perché è posta al di sopra della legge e della volontà dei cittadini, non si riduca alla giustificazione ingannevole di un potere incontrollabile. A questa obiezione, Platone avrebbe risposto che la scienza ha in se stessa i propri strumenti di controllo, essendo fondata sulla libertà della discussione e della ricerca: l'alternativa non è fra legalità e illegalità, bensì fra una comunità politica non scientifica, esposta al rischio di diventare ingiusta semplicemente per ignoranza, e una comunità politica scientifica.
Il Politico di Platone
by Maria Chiara Pievatolo is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.
Based on a work at http://btfp.sp.unipi.it/dida/politico