Tetradrakmaton

L'Ippia minore di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

Confutazione di Ippia (368b-369b)

Socrate invita Ippia a prendere in esame tutte le scienze e le technai di cui è competente, rammentandogli di come magnificava la propria sapienza nell'agora di Atene, vicino ai banchi dai cambiavalute (368b). 6 In quell'occasione, Ippia si vantava di essere andato a Olimpia indossando sandali, vesti, accessori e anelli fabbricati personalmente da lui; di avervi portato anche le sue opere di poesia - poemi epici, tragedie e ditirambi (368c) - e i suoi discorsi sugli argomenti più svariati; e di essere eccellente in tutte quelle technai, e in molte altre, come la grammatica e l'armonia, e soprattutto nella sua famosa mnemotecnica (368d). Ebbene, chiede Socrate, fra tutte quelle forme di sophia o malizia (panourgia) o comunque gli piaccia chiamarle in cui Ippia è così brillante, ne ha trovata una nella quale la persona che ha la competenza per dire la verità sia diversa da quella che ha la competenza per mentire (368e)?

Ippia non riesce a rammentarne nessuna. Socrate, allora, richiama ironicamente alla sua memoria - il sofista non sta evidentemente in quel momento usando la sua mnemotecnica (369a) - quanto aveva detto all'inizio, e cioè che nessuno può essere veritiero e bugiardo allo stesso tempo. Ippia, quindi, è caduto in contraddizione (369b).

Ippia si è fatto confutare perché:

  1. ha implicitamente identificato la virtù con l'eccellenza tecnica;

  2. ha implicitamente accettato un modello dii techne neutrale rispetto al valore: se per dire scientemente il falso su qualcosa occorre avere una certa qual techne, soltanto un "bravo" tecnico sarà in grado di mentire. La stessa competenza che lo aiuta a dire il vero gli rende anche possibile deformarlo o tenerlo consapevolmente nascosto. 7



[ 6 ] Il carattere commerciale e dunque venale del loro movimento è un aspetto che Socrate mette spesso in rilievo quando si confronta con i sofisti.

[ 7 ] Analogamente, quando, in Resp. 332c-334e, Polemarco definisce - tecnicamente - la giustizia come l'arte della custodia, Socrate commenta che una giustizia così definita gli sembra qualcosa di ladresco: un sorvegliante, infatti, per prevenire efficacemente i furti, deve esserne egli stesso esperto.

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