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L'invenzione della politica |
Ultimo aggiornamento 4 novembre 2002
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Democrazia e partecipazione
A proposito della democrazia dei moderni, Moses Finley scrive, in Democracy Ancient and Modern, 1972 (trad. it. La democrazia degli antichi e dei moderni, Roma, Laterza, 1997, grassetti miei):
Apatia e ignoranza politica sono oggi un dato fondamentale, al di là di ogni possibile discussione; le decisioni non sono il frutto del voto popolare, che al massimo ha un occasionale potere di veto a fatto compiuto, ma sono prese dai leader politici. Il punto è stabilire se nella situazione odierna questo stato di cose è necessario e auspicabile, o se le forme nuove di partecipazione popolare, ateniesi nello spirito se non nella sostanza - se così mi posso esprimere - devono invece essere inventate (uso questo verbo nel medesimo senso in cui lo usai in precedenza dicendo che gli ateniesi inventarono la democrazia).Secondo Finley, la democrazia ateniese era partecipativa, ma non giuridicamente informe. Esisteva, per esempio, un meccanismo di "controllo di costituzionalità" a democrazia diretta. Tutti i cittadini godevano dell'isegoria, cioè del diritto di fare proposte in assemblea. Ma l'istituto della graphe paranomon prevedeva che il proponente fosse punito e la legge approvata abrogata, qualora un'ampia giuria popolare selezionata mediante sorteggio, stabilisse che era "contro le leggi". In questo modo si disciplinava l'isegoria e si permetteva al demos di tornare sulle sue decisioni. Si faceva, cioè, esattamente il contrario di quanto avviene oggi, ove i rappresentanti eletti sono protetti dall'immunità parlamentare e le corti costituzionali sono organi tecnici. Ma proprio questo - dice Finley - ci deve stimolare a confrontarci con l'esperienza antica. Secondo Christian Meyer e Paul Veyne (L'identità del cittadino e la democrazia in Grecia, Bologna, il Mulino, 1989) l'esperienza politica della democrazia antica è radicalmente aliena rispetto alla democrazia dei moderni, per i seguenti motivi:
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