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I manuali associano a Humboldt la tesi per la quale la diversità delle lingue comporta una diversità di visioni del mondo e lo classificano come un precursore del relativismo linguistico, e, in particolare dell'ipotesi Sapir-Whorf. Ernst Cassirer però, nel primo volume della Filosofia delle forme simboliche, 68 interpreta la filosofia del linguaggio di Humboldt in una prospettiva neokantiana che la tiene al riparo da esiti relativistici e le conferisce una struttura sistematica che aiuta a comprendere lo sfondo teorico della sua riforma.
Le lingue, in questa prospettiva, non sono gabbie che ci imprigionano bensì sistemi attivi di mediazione: ciascuno di noi parla a modo suo, ma si può far capire solo se si esprime in una lingua condivisa, la quale, a sua volta, rimane viva solo se ci sono persone che continuano a parlarla. 69 Secondo Cassirer, la mediazione del linguaggio nella filosofia di Humboldt si confronta con tre grandi opposizioni:
1. Relazione fra individuale e universale: i nostri discorsi non sono suoni attaccati a cose a noi esterne e precostituite, bensì elaborazioni personali che tentano di dare forma agli oggetti delle nostre rappresentazioni individuali per renderli comprensibili ad altri. In questo senso si può dire sia che le lingue sono parlate da individui che vogliono superarsi nell'universale di un discorso comune a tutti, sia, viceversa, che le lingue sono di tutti in quanto ci sono individui che, parlandole, le fanno proprie e la accrescono. Quando, infatti, cerco le parole per dire ciò che penso e farmi capire, nella mia lingua madre o in una lingua aliena, non sto compiendo un'operazione meccanica: sto tentando di inserire quanto ho in mente in una visione del mondo che, in questo modo, contribuisco ad ampliare. Le lingue, in questo senso, non sono strumenti per presentare verità note, bensì per scoprire verità ancora ignote. 70
2. Relazione fra soggettivo e oggettivo: ogni lingua, in quanto visione del mondo e non mondo essa stessa, è soggettiva rispetto a ciò che è da conoscere, ma oggettiva rispetto agli individui intesi come soggetti empirici particolari i quali possono esprimersi sul mondo solo tramite una qualche lingua. Il parlare e il comprendere, stando così le cose, sono frutto di una sintesi che è continuamente in atto e non può mai concludersi, perché non può mai trovar fine in un oggetto al di fuori di sé conosciuto indipendentemente dalla sua rappresentazione linguistica. L'unica oggettività per noi attingibile è dunque il complesso dei punti di vista impliciti nelle visioni del mondo delle diverse lingue. In questo senso il linguaggio non è opera compiuta (ergon) bensì attività (energeia): non va, dunque, studiato come un prodotto bensì "geneticamente", tramite l'operare dei suoi fattori, come un processo dello spirito.
3. Relazione fra materia e forma: quando, parlando, associamo un concetto a dei segni materiali, lo trasferiamo, con un atto di autocoscienza linguistica, in un categoria del pensiero, indicandolo per esempio come sostanza, proprietà o attività, In altri termini, per comunicare in forma linguistica non è sufficiente disporre di suoni e di percezioni sensibili, cioè di una materia; bisogna che le percezioni vengano unificate in concetti e impiegate nelle strutture funzionali di un discorso, ricevendo quindi da noi una forma - la quale però, a sua volta, dice qualcosa soltanto se non rimane vuota.
Nel pensiero di Humboldt, concetti come la Bildung, lo spirito o la scienza di cui si occupa l'università possono apparire fastidiosamente indeterminati a chi, da un sistema d'istruzione superiore, cerca competenze rapidamente spendibili sul mercato del lavoro e ricerche di impatto immediato e oggettivamente valutabili. Chi, però, ne considera - con l'aiuto di Cassirer - l'orizzonte filosofico può facilmente rendersi conto che questa indeterminatezza è, teoreticamente, l'incompiutezza critica di un sistema aperto alla storia, perché costruito da esseri linguistici e finiti, la cui "virtute e canoscenza" non può esaurirsi nel catalogo positivo di quanto già si crede di sapere; e, praticamente, è la consapevolezza di un riformatore che, essendo stato testimone della catastrofe di un regno di sergenti, sudditi e burocrati, desidera mettere, infine, la libertà alla prova.
[ 68 ] Ernst Cassirer, Philosophie der symbolischen Formen, Bruno Cassirer, Berlin, 1923, pp. 98-106.
[ 69 ] Andrea Tarabba, Le lingue che nessuno parlerà più, 6 giugno 2014; Sarandrea Carlo, Le lingue muoiono in tutto il mondo man mano che il pianeta si globalizza, 23 maggio 1999.
[ 70 ] Per apprezzare la differenza fra una concezione del linguaggio come codice e una teoria del linguaggio come visione del mondo, si consiglia di leggere Douglas Hofstadter, «The Shallowness of Google Translate». The Atlantic. January 2018,
Wilhelm von Humboldt: un frammento di università
by Maria Chiara Pievatolo is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.
Based on a work at https://btfp.sp.unipi.it/dida/humboldt