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Il Fedone di Platone |
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Cebete trova la spiegazione di Socrate poco convincente: se gli esseri umani sono patrimonio di divinità sapienti, che si prendono cura di loro, perché un saggio dovrebbe desiderare di abbandonare il loro servizio per morire (62d)?
Cebete prende per buona la tesi che la divinità sia nostra custode, limitandosi a contestarne la coerenza interna. Socrate lo loda - forse ironicamente? - perché è sempre pronto a esaminare i ragionamenti e non si lascia convincere facilmente (63a). Simmia, d'accordo con Cebete, osserva che la sua obiezione contiene anche una critica a Socrate, il quale vuole lasciare il mondo dei vivi pur avendo riconosciuto che è presieduto da buoni governanti.
Socrate risponde che dovrà difendersi da queste accuse come in un tribunale. Si sta parlando di arconti divini, ma la conversazione ha un senso politico: il filosofo è stato condannato per empietà proprio perché non crede affatto che la sua città sia governata con sapienza.
Socrate cerca di sottrarsi all'obiezione di Cebete dicendo che quando lascerà questo mondo andrà da dèi altrettanto sapienti e buoni, e forse anche da uomini morti migliori dei vivi (63c). 13 Il discorso di Socrate suggerisce che lo spazio della politica non sia governato dalla divinità, ma soggetto alle scelte - giuste e sbagliate - degli esseri umani.
Simmia chiede a Socrate una dimostrazione, che li renda partecipi del suo pensiero come di un bene comune. Se riuscirà a convincerli, questo varrà come sua autodifesa, o apologia (63d).
La materia del contendere non è, come nel tribunale ateniese, se Socrate sia o no empio: qui si tratta di dimostrare se ci sia un punto di vista e un metro di giudizio ulteriore rispetto a quanto stabilito politicamente e socialmente, in nome del quale sia possibile criticare l'esistente e, in caso di conflitto, rinunciare alla stessa vita.
Critone interrompe la conversazione: il boia già da tempo lo sta sollecitando perché consigli a Socrate di parlare poco e di non accaldarsi, in modo che il veleno faccia effetto subito senza costringerlo a somministrazioni ulteriori. Socrate, che preferisce discutere fino all'ultimo, gli dice di non preoccuparsi e di dedicarsi al suo lavoro, preparando le dosi che ritiene necessarie (63e). Quanto a lui, si propone di dimostrare che chi ha trascorso la vita alla ricerca della sapienza, nella filosofia, non deve temere la morte e che, compiuta la sua vita, otterrà grandissimi beni (64a).
[ 13 ] Apologia 41a ss. In tutto il testo, quando Socrate si riferisce ai responsabili della sua condanna, ricorre sempre all'espressione "gli Ateniesi". Il senso di quest'uso è chiarito dalla conclusione del Critone: Socrate non contesta le leggi di Atene ossia - come diremmo noi - la sua costituzione, ma solo gli errori degli uomini. Anche per questo sceglie di sottomettersi a una sentenza che ritiene legittima nella forma ma ingiusta nel merito.
Il Fedone di Platone
by Maria Chiara Pievatolo is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.
Based on a work at http://btfp.sp.unipi.it/dida/fedone