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Il Cratilo di Platone |
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Nei primi quattro paragrafi (16a-17a) del De interpretatione Aristotele supera il problema della verità e della falsità dei nomi trasferendo queste proprietà alle proposizioni.
Per Aristotele i suoni emessi dalla voce (phoné) sono simboli delle affezioni (pathemata) dell'anima; gli scritti (graphomena), a loro volta, sono simboli di questi suoni. Le lettere e i suoni sono variabili, mentre le affezioni dell'anima e le cose che corrispondono ad esse sono le medesime per tutti. Nell'anima ci può essere tanto un pensiero (noema) indipendente dal dire il vero o il falso, tanto uno ad esso connesso necessariamente; lo stesso vale anche per la voce. I nomi e i verbi di per sé non sono né veri né falsi: lo diventano solo nella composizione (synthesis) e nella distinzione (diairesis): 28 "uomo" e "bianco" non sono né veri né falsi quando sono presi da soli, se non gli si aggiunge nulla. "Ircocervo" (tragelaphos) significa qualcosa, ma per essere vero o falso gli deve essere aggiunto l'essere o il non essere, in assoluto o con riferimento al tempo. 29
Aristotele distingue, nel linguaggio:
il nome (onoma): è una voce che ha significato per convenzione, senza riferimento al tempo, e le cui parti, prese separatamente, non hanno significato; 30
il verbo o predicato (rema): come il nome, nessuna sua parte ha un significato separato; come il nome, preso da sé significa qualcosa, ma non se una cosa ci sia o non ci sia. Aggiunge alla propria significazione il tempo e serve a dire qualcosa di qualcos'altro: c'è dunque in più una certa composizione (synthesis);
la negazione (kataphasis);
l'affermazione (apophasis);
la proposizione (apophansis);
il discorso (logos): è una voce che significa qualcosa, le cui parti hanno significato anche prese separatamente, ma solo come enunciazione e non come affermazione e negazione. Esso non ha significato come strumento naturale (organon) ma per convenzione. Può inoltre essere dichiarativo (apofantico) quando asserisce il vero o il falso, oppure di altro tipo. 31
Per poter discutere di verità e falsità non bastano i nomi: abbiamo bisogno di un discorso dichiarativo, che si compone di nomi, verbi e proposizioni e che è connesso all'essere. Il problema della correttezza dei nomi, nel Cratilo, sembra dunque mal posto: veri o falsi non possono mai essere i nomi o i verbi presi separatamente, ma solo gli enunciati dichiarativi, entro un sistema convenzionale che non è affatto un organon naturale.
La soluzione aristotelica è già implicita nella similitudine della tessitura, esposta nella prima parte del Cratilo, per la quale il nome ha una funzione analoga a quella della spola per il tessitore: distinguere ciò che è confuso e disperso e organizzarlo per farne una stoffa, o, metaforicamente, un discorso. La tecnica della denominazione consiste nella produzione di nomoi, vale a dire di regole, norme o consuetudini. Con i nomi e i verbi che se ne ottengono si producono discorsi dichiarativi, ossia, metaforicamente, tele in grado di coprire il mondo. 32
Il Cratilo e il De interpretatione differiscono dunque su una sola questione: quella della correttezza dei nomi, che, platonicamente, dovrebbe misurarsi su un'ousia in grado di dar forma all'esperienza. Chi non accetta l'impianto logico-metafisico platonico può dunque fare a meno di interrogarsi sulla verità dei nomi?
I filosofi del linguaggio contemporanei continuano a discutere sul problema dell'intenzionalità, vale a dire del modo in cui le parole possono riferirsi alle cose e se davvero siano in grado di farlo determinatamente? 33
Nella distopia 1984, George Orwell immaginò una neolingua costruita allo scopo di limitare il pensiero tramite la riduzione del numero e del senso di quelli che Platone avrebbe chiamato "nomi".
The purpose of Newspeak was not only to provide a medium of expression for the world-view and mental habits proper to the devotees of Ingsoc, but to make all other modes of thought impossible. It was intended that when Newspeak had been adopted once and for all and Oldspeak forgotten, a heretical thought — that is, a thought diverging from the principles of Ingsoc — should be literally unthinkable, at least so far as thought is dependent on words. Its vocabulary was so constructed as to give exact and often very subtle expression to every meaning that a Party member could properly wish to express, while excluding all other meanings and also the possibility of arriving at them by indirect methods. This was done partly by the invention of new words, but chiefly by eliminating undesirable words and by stripping such words as remained of unorthodox meanings, and so far as possible of all secondary meanings whatever. To give a single example. The word free still existed in Newspeak, but it could only be used in such statements as ‘This dog is free from lice’ or ‘This field is free from weeds’. It could not be used in its old sense of ‘politically free’ or ‘intellectually free’ since political and intellectual freedom no longer existed even as concepts, and were therefore of necessity nameless. Quite apart from the suppression of definitely heretical words, reduction of vocabulary was regarded as an end in itself, and no word that could be dispensed with was allowed to survive. Newspeak was designed not to extend but to diminish the range of thought, and this purpose was indirectly assisted by cutting the choice of words down to a minimum. 34
Platonicamente, gli artefici della neolingua potrebbero essere descritti come dei legislatori divenuti tiranni che impongono nomi con uno scopo antidialettico e disfunzionale rispetto all'interesse filosofico - e generalmente umano - di insegnare e di discutere. Se non esiste più una parola per designare il concetto di libertà morale e politica, nessuno sarà in grado di concepirla e, tanto meno, di rivendicarla. Ma come essere sicuri che i "nomi" in uso ora ci permettano davvero di insegnare e di discutere e non siano l'esito di neolingue primitive create da legislatori tirannici o, semplicemente, incompetenti?
Per Socrate, i nomi non insistono sugli oggetti dell'esperienza, ma sulle loro essenze. La loro sottodeterminazione rispetto al loro riferimento è implicita nella definizione del linguaggio in quanto sistema di simboli. La funzione del linguaggio non è duplicare la realtà in copia conforme, bensì dirla. Ciò non toglie, tuttavia, che le parole che ci troviamo a usare possano essere inadeguate o - neolinguisticamente 35 - fuorvianti: il medesimo strumento con cui parliamo delle cose è allo stesso tempo quello che ce le nasconde.
All'inizio del dialogo Socrate contrappone l'avanzamento di conoscenza che si ottiene con le lezioni sofistiche, tramite un trasferimento meccanico di nozioni, a quello dovuto a una discussione che metta le forze dei partecipanti in comune. Grazie a questo secondo metodo Ermogene riesce a sciogliere l'enigma sul suo nome propostogli da Cratilo. A questo secondo metodo si riferisce ancora Socrate, nella sua esortazione finale.
Nel Menone Socrate supera il paradosso propostogli dal suo interlocutore sostenendo che nessuno di noi, all'inizio del suo percorso di apprendimento, si trova in una condizione di ignoranza assoluta: per sapere e venire a sapere qualcosa è sufficiente conoscere una lingua e avere la volontà e il coraggio di discutere. Il Cratilo suggerisce una soluzione simile: avere una lingua significa essere parte di una cultura che ha prodotto una qualche norma di denominazione e dunque possedere, in una condizione intermedia fra sapienza e ignoranza, una qualche conoscenza - o presunzione di conoscenza - e uno strumento per cominciare a discuterne i termini, proprio come si sono impegnati a fare Ermogene, Cratilo e Socrate nel dialogo platonico. L'intenzionalità non è un fatto: è un programma di ricerca.
[ 28 ] La synthesis e la diairesis di Aristotele sono confrontabili con la synagogé e la diaresis di Platone.
[ 29 ] "Il tragelaphos è un genere della sottofamiglia dei bovini"; "L'ircocervo è esistito fino al IV secolo a.C".
[ 30 ] Questa definizione si addice ai nomi semplici; Aristotele considera anche i nomi composti, le cui parti sono un grado di significare, ma, prese separatamente, non significano nulla. Per offrire un esempio non aristotelico: in italiano esiste il nome composto "pneumologia" le cui parti hanno non sono termini autonomi della lingua, anche se hanno un significato etimologico.
[ 31 ] Per esempio - spiega Aristotele - la preghiera è un discorso, ma non enuncia il vero o il falso.
[ 32 ] Nella VII Lettera Platone sembra addirittura aderire anche alla teoria della convenzionalità del linguaggio.
[ 33 ] Su questo tema il dibattito fra Quine e Chomsky ripropone, in veste contemporanea, il confronto fra Ermogene e Cratilo. La posizione di Chomsky, che si vale della teoria dell'anamnesis, è, fra le due, quella più vicina al platonismo.
[ 34 ] G. Orwell, Nineteen Eighty-Four, 1949, Appendix: The principles of Newspeak. Una traduzione italiana è visibile qui.
[ 35 ] La neolingua non è un parto dell'immaginazione di Orwell: è un'arma molto usata nella propaganda economica e politica.
Il Cratilo di Platone
by Maria Chiara Pievatolo is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.
Based on a work at http://btfp.sp.unipi.it/dida/cratilo