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Nel 1945 Vannevar Bush, direttore capo dell'Ufficio americano per la Ricerca e lo Sviluppo scientifico dal 1941, pubblica “As we may think” 6 . Se durante la seconda guerra mondiale Bush aveva messo la propria opera al servizio dello Stato e, come il matematico inglese Alan Turing, aveva ricoperto un importante ruolo nella ricerca militare, il saggio del 1945 è una riflessione sul rapporto tra la tecnologia e il problema politico, assai attuale in epoca post-bellica, della felicità universale e della pace nel mondo. Come può la tecnologia contribuire al benessere dell’umanità? Si domanda lo scienziato americano. La risposta viene costruita sciogliendo, nel corso del saggio, un’altra questione a monte: come può il bagaglio della conoscenza umana accumulatasi fino ad oggi e a venire, aiutare l’uomo a vivere in pace? Perché le tecnologie possano mettere l’uomo in grado di costruirsi “una casa in cui possa vivere in buona salute”, suggerisce con una metafora Bush, è necessaria un’indagine sul metodo della ricerca e sul processo di costruzione della scienza. Il saggio non affronta dunque una questione meramente tecnica (si veda la descrizione del memex); viceversa, l’argomentazione sui cui è imperniato è anche e soprattutto una riflessione filosofica e politica su come si produce e si comunica il sapere.
Vannevar Bush fonda il proprio ragionamento su una importante premessa, il fatto che la conoscenza umana è un insieme collegato in un tutto che, in quanto tale, ha una dimensione universale che non può essere limitata alla vita del singolo. Il sapere è tale in quanto frutto di un processo accumulativo, e si costruisce, grazie alla collaborazione degli scienziati, in sistemi collegati che includono l’intero patrimonio delle conoscenze umane. Per questo, l’accesso all’informazione scientifica è una condizione necessaria alla stessa possibilità della scienza.
La conoscenza, per essere utile alla scienza, deve poter essere continuamente ampliata, in primo luogo archiviata e soprattutto consultata.
Le moderne tecnologie della parola (prima tra tutte la stampa) hanno consentito all’uomo di produrre enormi quantità di informazioni, a un ritmo sempre crescente. All’aumentare della quantità di dati e conoscenze raccolti in libri, articoli, e forme scritte di diversa natura, non siamo altrettanto in grado di condividere tale patrimonio; la crescente specializzazione del sapere, prosegue Bush, confligge con l’esigenza di sistemi di comunicazione veloci ed efficienti.
Il principale ostacolo all’accesso della conoscenza risiede negli alti costi di riproduzione, e può essere facilmente superato con l’ausilio di tecnologie in grado di comprimere grandi quantità di libri in dispositivi di piccole dimensioni. La proposta di Bush, che nel 1945 è in anticipo sui tempi ma che nel mondo di oggi è diventata una realtà, indica che il problema dell’archiviazione può essere facilmente risolto con l’aiuto delle macchine. Viceversa, aggiunge lo scienziato americano, il problema della consultazione del sapere è assai più serio e di difficile soluzione. Esso infatti coinvolge l'intero processo grazie al quale l'uomo trae vantaggio dal suo bagaglio di conoscenze, la selezione. Bush riconosce che il cuore del problema è più profondo del semplice ritardo tecnologico, nella meccanizzazione delle biblioteche in primis. Il metodo della selezione funziona “come uno scalpello nelle mani di un ebanista”, e pertanto dev’essere considerato e affrontato con riguardo al metodo, più generale, della ricerca scientifica, cui l’ingegnere americano dedica ampio spazio nella parte centrale dell’articolo.
Il cuore del problema non dipende da una incapacità dell’uomo, ma deve essere ricondotto all’artificiosità dei sistemi di indicizzazione in uso negli archivi. Si tratta di sistemi gerarchici, che organizzano l’informazione secondo una struttura ad albero – un’immagine di tale struttura è l’albero delle directory del computer, in cui i file sono organizzati in catelle e sotto-cartelle). Le informazioni, a meno di duplicati, si trovano in un unico punto dell’archivio, e perciò si devono avere delle regole per decidere quale cammino ci porterà alla informazione che cerchiamo. Il problema è che queste regole sono difficili da utilizzare e da gestire. Il limite di tale struttura, è che a un documento corrisponde un unico percorso.
La mente umana non funziona in questo in modo. Essa opera per associazioni. Una volta che essa abbia un elemento a disposizione, salta istantaneamente all'elemento successivo suggerito, in base a un intreccio di piste registrate nelle cellule del cervello, dalla associazione dei pensieri.
Bush suggerisce di ripensare la selezione dell’informazione a partire da come possiamo pensare, e indica, nel memex, un esempio di meccanizzazione della selezione per associazione, piuttosto che per indicizzazione. L’accesso virtualmente universale al patrimonio culturale dell’umanità e l’impiego delle macchine nella ricerca hanno, ai suoi occhi, un potenziale creativo dirompente. Se infatti non esistono sostituti meccanici per il pensiero creativo, ma il pensiero creativo e il pensiero essenzialmente ripetitivo sono cose molto diverse; tuttavia ogni qualvolta si combinano e si registrano fatti sulla base di processi logici stabiliti, l'aspetto creativo “riguarda solo la scelta dei dati e del processo da impiegare, e da quel momento in poi la manipolazione è di natura ripetitiva, e dunque adatta per essere affidata alle macchine”.
Bush immagina un dispositivo meccanico, una scrivania meccanizzata formata da schermi translucidi inclinati, una tastiera, e gruppi di bottoni e di leve. All’interno, sono archiviati gli strumenti di lavoro del ricercatore (i libri e gli articoli su cui lavora, come gli appunti che produce), che può velocemente proiettarli sugli schermi inclinati, come mostra la figura:
Il modo in cui il memex funziona, aiuta il ricercatore a riportare alla memoria e alla vista i dati del proprio archivio, ma fa anche qualcosa in più, in quanto agisce da estensione della memoria individuale (il nome è la contrazione di memory extender). Grazie ad esso infatti è possibile consultare il proprio archivio tramite lo schema di indicizzazione tradizionale: basterà digitare il codice del libro desiderato, e la copertina del libro sarà rapidamente proiettata su uno dei visori. Ma la sua caratteristica fondamentale è che permette di collegare due elementi tra loro: l’utente che si trova di fronte due schermi adiacenti, non dovrà fare altro che premere un tasto, e avrà stabilito un collegamento stabile tra i due testi. La valenza pratica della macchina ideata da Bush è descritta dall’autore nell’esempio che segue:
Il proprietario del memex, per esempio, è interessato alle origini e alle proprietà dell'arco. In particolare, sta ricercando il motivo, nelle battaglie delle Crociate, per cui l'arco corto turco fosse superiore all'arco lungo inglese. Ha a disposizione dozzine di libri e articoli pertinenti nel suo memex. Dapprima sfoglia un'enciclopedia, trova un articolo interessante ma non approfondito, lo lascia proiettato. Poi, in un resoconto storico, trova un altro argomento pertinente, e lo congiunge al precedente. Procede in questo modo, costruendo un percorso di molti elementi. Di quando in quando inserisce un proprio commento, sia congiungendolo alla pista principale sia connettendolo come pista laterale a un elemento particolare. Quando diventa evidente che le proprietà elastiche dei materiali disponibili erano fondamentali per il rendimento dell'arco, egli devia su una pista laterale che lo porta attraverso libri di testo sull'elasticità e tavole di costanti fisiche. Inserisce una pagina di analisi scritta di suo pugno. In questo modo egli costruisce una pista della sua ricerca attraverso il labirinto del materiale che ha a disposizione.
È importante osservare che Bush anticipa, in queste pagine, una definizione della principale modalità di movimento all’interno del World Wide Web, la navigazione di pagina in pagina (nodi) tramite collegamenti (link) 7 . Tale sistema porta a costruire percorsi di lettura, piste di cui non restano solo i risultati, ma anche i passaggi. Così, quando numerosi elementi sono stati congiunti a formare una pista, grazie al memex possono essere esaminati l’uno dopo l'altro, velocemente o lentamente, muovendo una leva come quella usata per girare le pagine del libro. È come se gli elementi, parte di libri preesistenti o isolati, venissero raccolti separatamente e quindi rilegati nuovamente assieme, così da formare un nuovo libro.
Nascerà la nuova professione di battitore di piste, persone che si ingegneranno a tracciare percorsi significativi attraverso l'immane mole dell'esperienza umana. L'eredità del maestro ai suoi discepoli non saranno più solo i suoi contributi alla conoscenza comune, ma l'intera impalcatura di conoscenze sulla quale essi sono stati costruiti.
Bush restituisce al ricercatore un ruolo attivo e fondante. L’attività della ricerca consiste nell’inserimento di ogni singolo elemento in una o più piste; tali piste restano così patrimonio dell’umanità, tanto quanto i libri, e danno vita ad enciclopedie di concezione radicalmente nuova, dotate di una trama di percorsi associative che le attraversano. Proseguendo nell’esempio sopra menzionato, lo scienziato immagina come il proprietario del memex potrà servirsi, in seguito, della propria ricerca sulle origini e le proprietà dell’arco: “Qualche anno dopo, durante un suo colloquio con un amico, il discorso cade sui modi strani in cui le persone resistono alle innovazioni, anche se di vitale interesse. Egli dispone di un esempio, ed esattamente di come gli europei, pur riconoscendo che la loro arma aveva una gittata minore, si rifiutarono di adottare l'arco turco: dispone addirittura di una pista al riguardo. Un tocco mostra l'elenco dei codici. La pressione di alcuni tasti porta all'inizio della pista. Una leva permette di scorrerla a piacimento, fermandosi sui punti interessanti e dipartendosi in escursioni laterali. È una pista interessante, pertinente alla discussione. Così aziona un riproduttore, fotografa l'intera pista e la passa all'amico perché la inserisca nel proprio memex, congiungendola opportunamente ad altre sue piste”.
[6] Vannevar Bush, “As we may think”, The Atlantic Monthly, luglio 1945, vol. 176, No. 1, pp. 101-108. Il testo in lingua originale: http://www.ps.uni-sb.de/~duchier/pub/vbush/vbush.shtml . Una traduzione italiana: http://www.uniopen.it/FC/ssd/ipertesto/think.html.
[7] A differenza del Web, i collegamenti immaginati da Bush sono bidirezionali; vale a dire che ogni volta che un elemento viene proiettato, un altro elemento, ad esso collegato, può essere istantaneamente richiamato premendo un bottone, e visualizzato.
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