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Università, scienza e politica nel Conflitto delle facoltà di Kant

Bollettino telematico di filosofia politica
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2. L'università dei Gelehrter

Nell'Illuminismo era già presente la distinzione e la contrapposizione tra la figura del Gelehrter (chi «si rivolge al pubblico dei lettori tramite scritti») e quella di professionisti quali: «un direttore spirituale», «l'ecclesiastico»,«l'intendente di finanza», «un medico», i cui esempi rimandano proprio alla triade delle facoltà superiori. La definizione dello statuto del Gelehrter e la distinzione tra scienziati e professionisti si fa precisa nell'introduzione al Conflitto delle facoltà: l'università è «una specie di comunità scientifica» (eine Art von gelehrtem gemeinen Wesen) la quale gode di autonomia in virtù dell'autonomia della ragione (in quanto, vi si afferma, «sugli scienziati possono giudicare solo gli scienziati»). Per rappresentarla, Kant fa uso di una metafora nella quale paragona l'«alta scuola» del sapere scientifico a una «fabbrica» in cui sono impiegati insegnanti pubblici (öffentliche Lehrer), professori che concorrono, tramite la divisione del lavoro, alla formazione degli studenti (Streit A 3-4, tr. it. p. 237). Come nell'introduzione alla Methodenlehre della prima Critica, la costruzione della scienza avviene tramite un lavoro cooperativo e cumulativo 24 ; a differenza di quanto avviene nella Methodenlehre, tuttavia, Kant in questo caso non si concentra sul metodo della conoscenza scientifica o sul fine (la costruzione dell'edificio) della scienza, ma sull'organizzazione della comunità scientifica, rappresentata come una fabbrica di artigiani che cooperano a una comune attività (l'alta formazione) e a un'opera collettiva (la ricerca scientifica).

Ma qual è il piano del ragionamento di Kant, in merito? L'opera sull'università ha un mero carattere antropologico-descrittivo o intende invece prescrivere come l'università dovrebbe essere? Dei tre saggi 25 che seguono la prefazione, dedicati al conflitto della facoltà filosofica con le facoltà superiori, rispettivamente di teologia, di giurisprudenza e di medicina, il primo e più ampio è diviso in due capitoli, di cui uno, il secondo (presentato come appendice), è l'illustrazione del conflitto tra la facoltà filosofica e quella di teologia; mentre l'altro è un'introduzione al concetto di “università” e alla sua articolazione in quattro facoltà. Se l'intento kantiano non è qui chiaramente quello di dedurre una teoria generale dell'università, non si tratta neppure di una mera narrazione storico-descrittiva dell'università del suo tempo; il lavoro filosofico intorno al concetto di università è volto a delinearne una visione normativa, a tratteggiare come l'università, un'istituzione pubblica necessaria al pari dello stato, dovrebbe essere.

L'ironia dell'incipit con cui si apre l'introduzione, che lascia intendere che l'università sia stata creata quasi casualmente, per una «trovata non cattiva» 26 , ironia spesso sottolineata dagli interpreti 27 , non deve fuorviare. Nella fondazione dell'università, termine che compare solo una volta in nota al plurale (Streit A 4, p. 237), 28 è presente l'interesse del governo per il benessere pubblico e il soddisfacimento di tre bisogni: dell'anima, delle relazioni esterne tra uomini, del corpo; bisogni a cui corrispondono le tre facoltà superiori, di teologia, giurisprudenza e medicina. Ma l'università è progettata a partire da un'idea razionale unitaria (Streit A 6-7, pp. 239-40). Essa è sì un'istituzione storica che deve la sua fondazione a interessi particolari che si realizzano in tentativi pratici, ma è anche, al pari dello stato, un'idea della ragione, e su tale base è divisa in settori disciplinari, le facoltà.

Kant non si discosta dalla tradizionale suddivisione dell'universitas magistrorum et scholarium in quattro facoltà, una “inferiore” e tre “superiori”; una suddivisione che discendeva dallo statuto della prima università europea fondata a Parigi nel 1215, e che il modello organizzativo delle università degli stati germanici del tempo ricalcava piuttosto fedelmente.

La facoltà filosofica era definita “inferiore” in quanto propedeutica alle tre facoltà superiori e specialistiche, che permettevano l'accesso alle professioni. La riforma del 1770 del ministro prussiano Carl Joseph Maximilian von Kupferberg stabiliva i curricula dettagliati delle quattro facoltà: a Königsberg, gli studenti di legge dovevano seguire i corsi della facoltà di filosofia per due semestri, gli studenti di medicina per quattro e quelli di teologia per tutti i sei previsti dal corso di studi della facoltà filosofica 29 . Il piano di studi di quest'ultima comprendeva le artes liberales cui, al tempo, corrispondevano gli otto ordinariati di Lingua ebraica, Matematica, Lingua greca, Logica e metafisica, Filosofia pratica, Fisica, Poetica, Retorica e Storia 30 .

All'interno delle singole università, tra le facoltà esisteva, nei fatti, un rapporto conflittuale, il cui l'equilibrio era variabile e geograficamente determinato. I rapporti di potere tra le facoltà e l'indipendenza delle singole istituzioni universitarie dal potere (politico e religioso) sono due questioni che si intrecciano. In Francia, dove le università erano state fondate dal Papa e godevano di privilegi su tale base, la facoltà teologica aveva generalmente un primato sulle altre; in Italia le università erano strutturate sulla scia del differente modello organizzativo dell'università di Bologna 31 e la facoltà giuridica assumeva generalmente un ruolo di rilievo; a Oxford e in Inghilterra il primato spettava alla filosofia naturale. In area germanica, nelle università cattoliche (che nel Settecento ammontavano a circa un terzo del totale), le facoltà di filosofia e di teologia erano spesso le uniche facoltà degli atenei; le iscrizioni alle facoltà di legge subirono un arresto a causa della perdita di importanza del diritto romano, e la filosofia cedette il suo storico primato alla facoltà teologica, che registrava il maggior numero di matricole seguita dalla facoltà giuridica, assumendo un ruolo sempre più secondario 32 . In Prussia, il monopolio statale sulla formazione universitaria rendeva le università strettamente dipendenti dal governo, che affidava a queste la formazione dell'intera classe dei professionisti.

Nell'introduzione del Conflitto delle facoltà Kant non fa tuttavia alcuna distinzione tra professori delle facoltà superiori o della inferiore all'interno della comunità dei docenti. L'intero corpo accademico, incardinato nelle facoltà, svolge la duplice funzione di accogliere gli studenti e di licenziare «dottori»: il loro primo compito in qualità di «insegnanti pubblici» è formare coloro i quali diventeranno poi i «professionisti» e andranno a comporre la burocrazia dello stato e le gerarchie delle chiese.

Un ulteriore punto degno di nota è che, nelle definizioni introdotte in apertura del Conflitto delle facoltà, i Gelehrter che appartengono all'università costituiscono soltanto un sottoinsieme degli “eruditi” o “scienziati”; accanto a essi ve ne sono altri, svincolati dalla corporazione i quali, o sono riuniti in associazioni libere (accademie, società delle scienze) e in laboratori, o vivono «nello stato di natura», senza cioè essere assoggettati alle regole di alcuna accademia e, ciononostante, sono Gelehrter amatoriali, per vocazione (Streit A 5, tr. it. p. 237).

Dunque, gli scienziati che lavorano nell'università sono solo una parte dei Gelehrter, e il riconoscimento dello status di erudito e di scienziato non passa necessariamente dall'università e non necessita di alcun titolo particolare. L'unico requisito per essere considerato uno scienziato ed essere trattato come tale, è rivolgersi al pubblico tramite scritti, cioè pubblicare le proprie opere. Tanto per i dotti dell'università, quanto per gli altri Gelehrter, «la pubblicità è data solo ed esclusivamente dal carattere pubblico della pubblicazione letteraria che forza i concreti confini istituzionali di una determinata università e che, fin da principio, si orienta in maniera cosmopolitica» 33 .

Nelle prime pagine del Conflitto delle facoltà vengono infine definiti i «professionisti» o «tecnici del sapere». Contrapposti nettamente ai Gelehrter, essi sono «letterati» (Literaten) 34 , persone che sono state istruite all'università e che, per quel che riguarda l'esercizio della ragione che Kant nel 1784 definiva «uso privato», sono chiamate a svolgere, nel loro ufficio, una funzione meramente esecutiva. I funzionari, gli ecclesiastici, i medici (esempi che riprendono la tripartizione delle facoltà)

hanno un'influenza legale sul popolo e costituiscono una classe speciale di letterati, che non sono liberi di fare un uso pubblico del sapere secondo la loro sapienza, ma solo sotto la censura delle facoltà, e si rivolgono direttamente al pubblico, che è formato di ignoranti (un po' come il clero si rivolge ai laici), senza avere però nel loro campo il potere legislativo, ma invece in parte quello esecutivo: perciò essi devono essere rigorosamente regolati dal governo, affinché non si pongano al di sopra del potere di giudicare, che spetta alle facoltà. (Streit A 6, tr. it. p. 238)



[24] I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, A 707|B 735.

[25] I saggi furono composti in diverse occasioni, e poi raccolti in un unico volume. Cfr. D. Venturelli, Introduzione, in I. Kant, Il conflitto delle facoltà, Morcelliana, Napoli, 1994. Il primo saggio (qui in esame) fu scritto tra la fine del 1793 e la fine dell'anno successivo, nello stesso periodo in cui Kant incorse nella censura. Sulla composizione del saggio, cfr. la lettera a Stäudlin del 4 dicembre 1794, Ak. XI, n. 644, in Epistolario filosofico (a c. di O. Meo), il melangolo, Genova, 1990, pp. 340-43; in essa Kant afferma «di avere pronto pronto da qualche tempo un trattato [...] che si intitola Il conflitto delle facoltà. Mi sembra interessante, perché pone in luce non solo il diritto dei Gelehrter a sottoporre al giudizio della facoltà di teologia tutte le questioni concernenti la religione di stato, ma anche l'interesse del sovrano a permettere e inoltre ad accordare un banco di opposizione alla facoltà di filosofia contro quella di teologia».

[26] L'introduzione si apre con le seguenti parole: «Non fu cattiva la trovata di colui che per primo concepì e propose alla pubblica realizzazione l'idea di trattare l'intero complesso del sapere (propriamente delle menti ad esso consacrate), mediante la divisione del lavoro, quasi come una fabbrica...». (Streit A 3, tr. it. p. 237).

[27] Cfr. R. Brandt, Il conflitto delle facoltà. Determinazione razionale ed eterodeterminazione nell’università kantiana, in C. Bertani, M.A. Pranteda (a cura di), Kant e il conflitto delle facoltà. Ermeneutica, progresso storico, medicina, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 13-52; D. Venturelli, Introduzione, cit.

[28] Cfr. R. Brandt, Il conflitto delle facoltà. Determinazione razionale ed eterodeterminazione nell’università kantiana, cit., p. 18 nota 19.

[29] Le linee guida sono accessibili nelle Methodologische Anweisungen für die Studierenden in allen 4 Facultäten che furono distribuite a tutti gli studenti. Cfr. R. Pozzo, M. Oberhausen, “The Place of Science in Kant's University”, History of Science, XI 2002, p. 2.

[30] Per una storia dell'evoluzione delle discipline comprese tra le artes liberales, che derivavano dal trivium (dialettica, retorica, poetica) e quadrivium (aritmetica, geometria, astronomia, musica) platonici e furono riviste e ampliate nel medioevo, si veda Cfr. G. Leff, The Faculty of Arts, in de Ridder-Symoens H. (a cura di), A History of the University in Europe, vol. I: Universities in the Middle Ages (1500-1800), Cambridge University Press, Cambridge 1992, pp. 307-359. Lo statuto dell'università di Halle elencava le discipline insegnate nella facoltà filosofica e rientranti nella filosofia in senso lato: «Philosophiae in hoc Lyceo docendae ambitu omnes artes et disciplinae intelligantur, quibus ad humanitatem informatur adolescentia, et ad graviora studia preparatur, ut historia quoque civilis et ecclesiastica (haec tamen absque fidei dogmatibus et controversiis Theologicis), Geografia, Mathesis, Eloquentia, Poetices, Linguarum et Antiquitatum studia, praeter vulgo ita dictam Philosophiam, comprehendantur». Cfr. N. Hammerstein, Zur Geschichte der deutschen Universität im Zeitalter der Aufklärung, cit., p. 25, nota 72.

[31] L'università di Bologna nella prima modernità era divisa in “nazioni” e non in facoltà; gli studenti avevano inoltre il potere di indirizzare la politica universitaria, ad esempio eleggendone il rettore. Sull'organizzazione delle università italiane (in particolare Bologna) cfr. H. de Ridder-Symoens, Management and Resources, in Id (a cura di), A History of the University in Europe, vol. II: Universities in Early Modern Europe (1500-1800), cit, pp. 154-64.

[32] Cfr. C. McClelland, State, Society and University in Germany 1700-1914, cit, Part I, pp. 27-98.

[33] R. Brandt, Il conflitto delle facoltà. Determinazione razionale ed eterodeterminazione nell’università kantiana, cit., pp. 24-25.

[34] Letterati è inteso in senso etimologico, come opposto di illetterati, vale a dire scolarizzati (Studierte).


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