Tetradrakmaton

La Repubblica di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

Il decimo libro: la mimesis e la teoria delle idee

Nell'ultimo libro della Repubblica Socrate sente la necessità di ripetere che la poesia mimetica - da Omero fino ai poeti tragici - va tenuta lontana dalla città, perché danneggia l'intelligenza degli ascoltatori «che non hanno il pharmakon del sapere come è realmente» 69 (595b)

Socrate motiva la propria tesi sulla base delle teoria platonica delle idee che il X decimo libro illustra nella sua formulazione più celebre.

Abbiamo preso l’abitudine, dice Socrate, di porre un solo eidos per le molte cose singole cui diamo lo stesso nome. Esistono molti tavoli e molti letti, ma le ideai – le idee o forme di questi oggetti – sono uniche. L’artigiano che fabbrica un tavolo o un letto, lo fa guardando alle loro idee, cioè basandosi su queste come modelli o paradigmi. Le tavole e i letti sono costruiti, mentre le loro idee non sono fatte da nessuno (596a ss.).

Si immagini, prosegue Socrate, un artigiano, che sappia produrre qualsiasi cosa. A una prima impressione, questo artigiano può sembrare un sophistés (esperto) meraviglioso. In realtà, per (ri)produrre qualsiasi cosa, basta metterla davanti a uno specchio. Ma una riproduzione speculare dà solo ta phainòmena, ciò che, delle cose, appare, e non ciò che veramente è. Un artigiano di questo tipo è il pittore, che, dipingendolo, riproduce l’apparenza di un letto. Tuttavia, anche il fabbricante di letti non fa l’eidos del letto, cioè ciò che diciamo essere il letto, bensì solo un qualche letto (596e-597a ss.) Anche il fabbricante di letti, pertanto, non fa ciò che è, ma qualcosa di simile a ciò che è. Se si dicesse che l’ergon o l’opera del fabbricante di letti è qualcosa che è in modo compiuto o perfetto, diremmo il falso.

Che differenza c’è fra l’agire del falegname, che fabbrica un letto, e l’agire del pittore, che lo dipinge soltanto? Per rispondere a questa domanda, dobbiamo considerare tre letti: uno che è nella physis o natura, che diremo fatto da un dio (theos, usato in senso generico); un altro fabbricato dal falegname, e un terzo rappresentato dal pittore.

Il letto fatto dal dio è intrinsecamente unico. Anche se il dio avesse fatto due letti, l’idea del letto rimarrebbe unica. Infatti possiamo dire che due letti diversi sono, appunto, letti, solo perché possiamo applicare ad entrambi un’unica idea di letto (597b ss.). Il dio viene designato come il phytourgòs (coltivatore, autore) di un letto che è veramente; il falegname come l’artefice (demiourgòs) del letto, mentre il pittore – e allo stesso modo il poeta tragico e tutti gli altri del suo genere – come il suo mimetés o imitatore (597d ss.).

La distanza dell’imitatore dalla verità è massima, perché questi imita non l’eidos, come l’artefice, ma gli oggetti da lui prodotti. Per di più, la riproduzione di ciò che appare sarà sempre compiuta in maniera prospettica, cioè da un punto di vista parziale. Così, l’imitatore riuscirà a riprodurre le parvenze (éidola) di qualsiasi cosa, senza intendersi di nessuna. Saper disegnare un’automobile, copiandola dal vero, non significa saperla anche costruire: per fare questo, occorre conoscere e capire il suo eidos, cioè la sua struttura o il suo progetto costruttivo (598a ss.). Questa forma di conoscenza di terza mano è tipica dei poeti, i quali tramandano nozioni non loro. Essi sono solo imitatori di parvenze della virtù.

Il fascino della loro imitazione si basa sul compiacimento e sulla manipolazione dell’elemento irrazionale dell’anima umana. Le emozioni sono facili da “imitare”, cioè da trasmettere agli spettatori in modo da indurli all’immedesimazione (605b ss.), Il poeta “mimetico” è un manipolatore di sentimenti, che produce un cattivo governo dell’anima e un cattivo governo della città, inducendo a vedere le cose ora in un modo ora in un altro, e foggiando éidola illusori. La filosofia e la poesia sono rivali, perché hanno un progetto politico ed educativo differente. La poesia va tenuta lontana dalla città ben governata – per quanto se ne possa essere affascinati – finché non sarà in grado di giustificarsi, cioè di scagionare se stessa dall’accusa di essere fonte di paralisi intellettuale e manipolazione delle menti (607c ss.).

La teoria delle idee 70 viene introdotta all’interno di un contesto non teoretico, ma pedagogico e politico-comunicativo. Socrate, infatti, riprende il tema, già trattato nel III libro, dell’influenza del medium sul messaggio. La poesia è imitazione senza consapevolezza; l’artigianato è imitazione accompagnata dalla consapevolezza dell’eidos, cioè del progetto concettuale della cosa; e soltanto l’eidos è la cosa come è veramente. L’artigiano fabbrica o produce (poiéi), in senso proprio, la cosa. Dell’eidos si dice che è “fatto” dal dio soltanto in senso translato: in senso proprio, per quanto concerne la produzione dell’idea da parte del dio, si usano il verbo phyo, che designa il generare in quanto processo naturale, e il sostantivo phytourgòs, che significa, in primo luogo, coltivatore e soltanto metaforicamente autore (597d). L’esistere delle cose di produzione umana va dunque pensato come frutto di una fabbricazione, se si tratta di costruzioni, o di una imitazione, se si tratta di rappresentazioni artistiche; l’esistere delle idee, invece, come una fioritura o una generazione naturale. Questa tripartizione deve essere chiarita in relazione al contesto in cui Platone la pone: dobbiamo, dunque, chiederci che tipo di mondo culturale e pedagogico deriva da ciascuno dei tre livelli.

Come è stato mostrato da E.A. Havelock, l’attacco platonico all’arte si riferisce alla sua funzione enciclopedica e politico-mediatica, tipica della cultura ad oralità primaria da cui i Greci si stavano congedando. Il poeta, per la sua essenziale funzione mnemonica, si legittimava in quanto replicatore di un patrimonio tramandato, privo di originalità e di consapevolezza

L’artigiano, a differenza del poeta, compie qualcosa di più di una rappresentazione mediatica: perché gli sia possibile costruire qualcosa, deve conoscere l’eidos e deve saperlo mettere in atto. Dal momento che il contesto in cui viene introdotta la teoria delle idee non è propriamente teoretico, bensì politico-pedagogico, sarebbe possibile interpretare il poeta e l’artigiano come rappresentanti di due modi di intendere la cultura in quanto produzione umana: il primo ripetitivo e inconsapevole, il secondo costruttivo e consapevole. Potremmo anche pensare i modelli dell’artigiano come essi stessi fabbricati: in questo caso, sarebbero know-how di produzione individuale, sottoponibili a un regime proprietario.

Platone, tuttavia, si dà la pena di mettere l’idea a un terzo livello: le cose non sono veramente quelle che fabbrica l’artigiano, bensì quelle “naturali” che coltiva il dio. L’eidos, pertanto, non va concepito come una costruzione, bensì come qualcosa che è generato dalla creatività della natura, grazie alla cura dell’agricoltore divino. Questa tesi obbliga a pensare le idee come umanamente indisponibili, perché, propriamente, non prodotte da nessun individuo umano, e come indipendenti di ogni volontarismo: il dio, che intrattiene con esse un rapporto privilegiato, non le fabbrica, ma le coltiva. Da questa impostazione segue che le idee debbano essere pensate e cercate come comuni e indipendenti dall’arbitrio: possiamo dire che due prodotti sono dei letti solo in virtù dell’idea di letto, che vale per tutti. La metafisica platonica delle idee sembra naturalistica e conservatrice, ma il suo esito etico, pedagogico e politico è un ideale di comunanza della conoscenza. Dal punto di vista della prassi, la funzione delle idee – che non possono appartenere a nessuno – è garantire il presupposto di un mondo pubblico e comune, il cui contenuto di conoscenza sia, a un tempo, trasparente e indisponibile.

Il primato dell'utente

La formulazione della teoria delle idee del X libro può anche spiegare il primato, teorizzato dal Platone, del sapere dell’utente sul sapere del produttore 71 e il potere d'indirizzo del primo sul secondo.

Per ogni cosa, dice Socrate, esistono tre technai: quella che la fabbricherà, quella che la userà e quella che la imiterà. Ma l'eccellenza, la bellezza e la regolarità di un oggetto o di un essere vivente sono in funzione dell'uso per il quale sono stati fabbricati o generati naturalmente. Perciò chi usa un oggetto ne ha necessariamente esperienza e deve dire al fabbricante quanto di bene e di male esso produce quando viene usato (601d). Dato che una simile conoscenza è propria solo dell'utente, sarà l'utente ad avere scienza (episteme) dell'oggetto; il produttore ne avrà solo una opinione corretta, perché dovrà ricevere le direttive dell'utente; mentre l'imitatore non avrà né l'una né l'altra (602a).

Le idee, come abbiamo visto, non vengono costruite o create, ma soltanto applicate. La storia delle idee è, propriamente, solo la storia delle loro applicazioni. Pertanto, non si possono dare direttive sulla conoscenza delle idee, che dunque rimane libera, perché soggettivamente e oggettivamente indisponibile: si possono dare direttive solo sulla produzione delle cose. La produzione non può essere intesa come un processo creativo originale, bensì come un’applicazione; di ulteriore, rispetto al contenuto cognitivo dell’idea, ci sono solo gli esiti buoni o cattivi derivanti dall’uso delle cose prodotte. Ma questi esiti ricadono nell’esperienza dell’utente, il quale, dunque, ha voce in capitolo sul produttore.

Se la conoscenza è condivisa, perché le idee non sono pensate come prodotte dagli uomini, ma come qualcosa di indisponibile, di cui nessuna creatura può esser autrice e proprietaria, il produttore non può essere pensato come un imprenditore che, nel segreto della sua azienda, escogita progetti il cui contenuto cognitivo gli rimane, de jure o de facto, esclusivo, per suggerirli a consumatori inconsapevoli e passivi. I progetti delle cose sono noti, in un regime di conoscenza comunitaria; chi si trova in una posizione di svantaggio cognitivo, in questo caso, è il produttore, perché solo l'uso di un oggetto consente di conoscerlo nella pienezza delle sue funzioni.

Bibliografia e URL rilevanti

Platone. La Repubblica 595a-608b.



[ 69 ] Qui Platone fa dire esplicitamente a Socrate che conoscere gli strumenti della manipolazione del consenso è un pharmakon che serve per difendersi dall'indottrinamento. Una simile affermazione sembra corroborare l'ermeneutica del primato del punto di vista esterno.

[ 70 ] Platone stesso mette in discussione la teoria delle idee nel dialogo della vecchiaia Parmenide. Si veda, su questo problema, l'appendice.

[ 71 ] Su questo tema si veda anche G. Cambiano, Platone e le tecniche, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp.155 ss., che spiega il primato dell’utente sul produttore non tanto sulla base di presupposti schiavistici, quanto su una gerarchia delle funzioni da cui deriva una divisione non più solo tecnica, ma anche sociale del lavoro.

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