Tetradrakmaton

La Repubblica di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

La felicità del tiranno

Glaucone riconosce di buon grado che la città più felice è quella governata da un regime "regale", come quello progettato da Socrate, che si cura dell'interesse collettivo, e la più infelice è quella retta da un tiranno (576e). Possiamo dire lo stesso anche dell'uomo tirannico?

Socrate risponde riprendendo il parallelismo fra il singolo e la città: la polis retta da una tirannide è libera o schiava? Glaucone replica che questo tipo di polis è quanto mai schiava, pur essendoci in essa dei padroni e dei liberi, in quanto la città come un intero (holon) e la sua parte migliore sono miserevolmente asservite (577c-d) - proprio perché la felicità di alcuni non si riversa in felicità di tutti senza un adeguato ordine costituzionale. Un discorso simile vale anche per l’anima tirannica, che è asservita a un’ossessione. E, fra le anime tiranniche, quelle massimamente infelici sono le anime di chi è riuscito a diventare tiranno (578c) - di chi, « pur impotente a governare se stesso, cerca di governare gli altri» (579c).

Un padrone di schiavi esercita un potere simile a quello di un tiranno, su un gruppo di persone che, per forza e per numero, potrebbe sopraffarlo. Ciò nonostante, il padrone non teme i suoi schiavi, perché sa che l’intera polis riconosce il sistema della schiavitù; ma ne avrebbe paura se fosse solo con loro in un’isola deserta, o se i suoi vicini non tollerassero che nessuno comandasse sugli altri (578d ss.). Questa è anche la situazione del tiranno, a capo di un regime considerato illegittimo dai vicini e costretto continuamente a guardarsi dai suoi concittadini che ha ridotto in schiavitù. La tirannide, essendo un potere meramente personale, è il regime massimamente destrutturato e informe: come l’anima tirannica è schiava di un’ossessione, così la città governata da una tirannide si regge esclusivamente sul potere di una persona, senza nessuna istituzione che la sorregga. Mentre la democrazia era destrutturata e informe perché in essa convivevano tutte le potenzialità, senza che nessuna di esse venisse coerentemente sviluppata, la tirannide è informe perché si basa sull’eros personalissimo di uno solo, senza nessuna ragione o istituzione intersoggettiva. Il tiranno è dunque un uomo solo e impaurito, che dipende dal potere come da una droga.

Il problema della schiavitù

Il Socrate della Repubblica dà per scontata l’istituzione della schiavitù, pur disponendo degli strumenti teorici per criticarla. L’oikos privato, prevedeva il V libro, deve essere eliminato, almeno per le classi superiori, perché genera interessi contrari a quello pubblico. Un fondamento di questa tesi si può trovare proprio qui, nel IX libro: l’oikos è una piccola tirannide. E, se la tirannide deve essere trattata come un regime sommamente ingiusto nell’anima individuale e nella polis, non c’è motivo che rimanga fuori discussione nella comunità economica. Il potere che un padrone di schiavi esercita sulle persone, in un regime schiavista si fonda solo sul mero fatto che tutti lo ritengano legittimo. Quando il regime del padrone di schiavi viene fatto uscire dalla sfera privata e viene sottoposto a vaglio politico, ci si rende conto immediatamente che non esiste nessun fondamento pubblico comune – agli schiavi e al padrone – che possa giustificarlo, all’infuori di un accidentale consenso consuetudinario, esterno al loro rapporto.

Platone sembra aver scelto di non trarre le conseguenze politiche della sua critica all'oikos: la schiavitù, se non viene giustificata, viene tuttavia data per scontata, come se fosse un elemento inevitabile dell'ordine economico. Il limite strutturale della sfera dell'economia, che è destinata a rimanere tirannica, garantisce che la città da lui progettata resti necessariamente divisa in tre classi - anche se, per bocca di Glaucone, si riconosce che ci potrebbe essere una città ancora migliore.

Bibliografia e URL rilevanti

Platone. La Repubblica 576c-580a.

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