Tetradrakmaton

La Repubblica di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

Il quinto libro: in che senso le cose degli amici sono comuni?

Alla fine del IV libro, la costruzione dell’anima e della città appare completa, per quanto, in essa, non pochi problemi siano lasciati aperti. All’inizio del V libro, Socrate vorrebbe dedicarsi alla classificazione delle costituzioni. Ma i suoi interlocutori – Trasimaco compreso – sono troppo attenti per permetterglielo. Nella narrazione, dobbiamo l’excursus metafisico che sta al cuore della Repubblica solo alla loro intelligenza e curiosità: anche questo può essere un segno intratestuale dell’importanza del punto di vista “esterno”. 36 Socrate ha cercato di far accettare come ovvia la comunanza di ciò che appartiene agli amici, applicata all'ambito della famiglia, cioè delle donne e dei figli (449c). Questo ambito - il dominio dell'economia nel senso originario di amministrazione della casa - è in Platone oggetto di una critica filosofico-politica, perché la sua giustizia non riguarda solo la città, ma qualsiasi organizzazione interumana e intraumana in generale. Il testo platonico, nei libri precedenti, ha parlato sempre di andres e ha corrispondentemente usato aggettivi e pronomi al maschile. Per questo:

bisogna tornare a ridire ciò che si sarebbe dovuto dire allora, nella sequenza appropriata; ma forse è giusto così, che dopo che è stato portato a compimento un dramma maschile, si debba completare quello femminile (451c-d).

La questione della comunanza deve essere affrontata perché il progetto politico platonico prevede, per le due classi superiori, l’eliminazione della sfera privata, che, nel mondo antico, si identificava con l’ambito dell’economia o amministrazione della casa. Una volta abolita la famiglia, le gerarchie dell’amministrazione della casa non hanno più ragion d’essere; tuttavia, la scelta di sollevare il problema dell’uguaglianza femminile non è una conseguenza inevitabile dell’eliminazione della famiglia privata. La teoria politica di Platone, infatti, non è ugualitaria, bensì meritocratica: come nota appropriatamente Gregory Vlastos, se il requisito platonico è che i diritti e i doveri dei cittadini siano tali da permettere a ciascuno di contribuire secondo le sue possibilità alla felicità della città nel suo complesso, le donne – qualora Platone non le avesse ritenute capaci di meglio – avrebbero potuto essere trattate come mogli e serve collettive, senza uguaglianza. 37 Perché dunque Platone, a proposito di donne, connette il problema della comunanza a quello dell’uguaglianza, invece di limitarsi a destinarle a quanto, nella sua cultura, era stato loro assegnato?

Platone è consapevole che, nella sua cultura, il tema dell'uguaglianza fra i sessi può essere sollevato soltanto per scherzo (452e), come aveva fatto Aristofane nella commedia Lisistrata. 38 Ma sa anche che le culture sono prodotti storici e quindi contingenti: per esempio l'usanza greca di fare ginnastica nudi, tuttora ridicola agli stranieri, ebbe origine a Sparta e a Creta, ed ebbe un tale successo da apparire alla fine normale, per quanto inizialmente fosse considerata buffa (452c-d). Non bisogna, dunque, aver paura di mettere in discussione quello che la nostra cultura dà per scontato.

Bibliografia e URL rilevanti

Platone. La Repubblica 449a-451c.



[ 36 ] Il fatto, ovvio, che il dialogo sia scritto per gli uditori viene addirittura messo in scena nel Teeteto, ove Euclide e Terpsione si fanno leggere il testo.

[ 37 ] G. Vlastos, «Was Plato a Feminist?» (1989), ora in N. Tuana (ed.), Feminist Interpretations of Plato, University Park, The Pennsylvania State University Press, 1994, pp. 11-23.

[ 38 ] La protagonista della commedia, Lisistrata, si è resa conto che la guerra fra le città greche è rovinosa; ma la gerarchia sociale stabilita esclude rigorosamente le donne da ogni partecipazione politica. Un dilemma del genere avrebbe portato la protagonista di una tragedia alla hybris e alla rovina. Ma Lisistrata ha la fortuna di essere un personaggio della commedia antica, e può quindi ricorrere a uno stratagemma surreale: usare le funzioni che la gerarchia stabilita attribuiva alle donne come strumento di ricatto in una trattativa politica, proclamando uno sciopero panellenico del sesso per ottenere la pace.

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