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La Repubblica di Platone |
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Dopo aver criticato i contenuti teologici della poesia, Socrate sospende l'esame dei suoi contenuti antropologici (392a ss), perché non si è ancora chiarito che cosa sia la giustizia, e sposta il suo esame dall'oggetto della poesia alla sua lexis, cioè al modo in cui si esprime, comunicando il suo contenuto (392c ss). Questa indagine può sembrare una digressione, ma non lo è, perché, come già visto, le modalità di espressione e di trasmissione di un argomento condizionano sia il modo in cui viene pensato, sia i suoi effetti sulla vita politica.
Quello che è raccontato o detto (leghetai) dai narratori di miti (mythologoi) e dai poeti è narrazione di cose passate, presenti o future. Ai diversi tipi di narrazione, classificati secondo questo criterio, corrispondono diversi generi letterari. La narrazione può essere o semplice, o “mimetica”: nel primo caso il poeta distingue se stesso, come voce narrante, dalle vicende e dai personaggi di cui racconta; nel secondo si immedesima con ciò che racconta e con i suoi personaggi, parlando con la loro voce, nascondendosi (apokrypto) alla vista 393c-d). La capacità di “nascondersi”, cioè di celare la personalità dell’autore, dà a ciò che si racconta un carattere di “realtà” e di autorevolezza, proprio perché il poeta non mette in mostra che sta riferendo qualcosa dal suo punto di vista. Ai diversi tipi di narrazione, classificati secondo questo criterio, corrispondono diversi generi letterari.
La narrazione mimetica è particolarmente pericolosa perché fa dimenticare che è stata prodotta da un punto di vista particolare e produce una impressione di "realtà", cioè qualcosa che è, per esprimersi nei termini del 382a-b, veramente una menzogna.
A questo punto Socrate sembra cambiare prospettiva, perché chiede a Adimanto se i custodi devono o no essere "mimetici", cioè devono essere in grado di imitare molteplici aspetti e frazioni della natura umana, e lo induce a rispondere negativamente. I custodi hanno un ruolo specializzato sulla base di una divisione tecnica del lavoro, 23 e devono dedicarsi a quello; pertanto, se proprio devono imitare qualcosa, deve essere loro presentato come modello solo l'uomo virtuoso (394e ss). «Nella nostra politeia non esiste uomo doppio né multiplo, poiché ciascuno fa una cosa sola.» (397e)
Socrate passa dalla prospettiva dell'autore a quella dell'esecutore e del pubblico come se fra le due ci fosse una continuità. La poesia della tradizione orale presupponeva, infatti, una simile continuità, proprio perché essa non era pensata come esistente in un testo scritto, prodotto del lavoro creativo di un autore, ma perdurava solo come patrimonio collettivo, nella memoria tramandata oralmente: esisteva, dunque, solo in quanto veniva eseguita e riusciva a coinvolgere gli spettatori, facendosi ricordare. Per questo autore, esecutore e pubblico possono essere pensati come immedesimati in un unico e corale processo mimetico - un processo di riproduzione da cui dipende la diffusione e la stessa permanenza dell'intero patrimonio culturale. Platone, per costruire un nuovo modello di sapere concettuale, deve rompere l'incantesimo dell'immedesimazione.
[ 23 ] Così anche Eraclito (DK B 40): «perizia nel molteplice (polymathie)/ non aguzza a nessuno la mente/ se no/ a Esiodo/ aguzzata l'avrebbe/ e a Pitagora/ a Senofane pure /e ad Ecateo»
La Repubblica di Platone
by Maria Chiara Pievatolo is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.
Based on a work at http://btfp.sp.unipi.it/dida/resp