Tetradrakmaton

La Repubblica di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

L'educazione dei custodi: Platone sociologo della comunicazione

Il tema dell’educazione dei guardiani, che è una questione capitale, se l’antropologia del soggetto morale ha da essere intesa come costruita e non come data, è introdotto da Socrate con un frase ambigua: si tratta di educare gli uomini con o al logos, raccontando favole come nel mito (osper en mytho mythologountes) (376d). Dal punto di vista dell’educatore o del fondatore di città, essenziale in questa frase è il logos, che offre gli orientamenti e i fondamenti dell’educazione; ma dal punto di vista di chi è oggetto di educazione, il logos rimane nascosto, perché l’educando viene messo a contatto soltanto col mito. Sembra, in altri termini, che la Repubblica sia essoterica verso l’esterno, in quanto offre a qualunque lettore la chiave per comprendere il logos che ispira l’educazione, ma esoterica all’interno, perché, a disposizione dell’educando, non c’è nessuno strumento che gli permetta di cogliere la chiave della sua educazione.

Si potrebbe obiettare che tutti i testi pubblicati sono, in questo senso, essoterici, ma questo carattere non impedisce loro di contenere teorie a favore della disuguaglianza, in ambito cognitivo e altrove. Una simile obiezione, però, è pertinente solo se la pubblicazione è intesa come un atto banale, privo di significato teorico. Ma Platone non intendeva la comunicazione come qualcosa di esteriore: forma e contenuto sono parte di un’unica filosofia che non è solo dottrina, ma anche esistenza. Dunque il modo in cui Platone dice le cose – e il fatto che Platone dica certe cose tramite un certo medium – è teoreticamente rilevante allo scopo di valutare il senso dei contenuti dei testi.

La mousiké

L'educazione, ancor prima della ginnastica per il corpo, comincia con la mousiké. Per mousiké si intende il complesso delle arti presiedute dalle Muse. che comprende la poesia, la letteratura, la musica in senso stretto, il teatro, il canto, la danza; comprende, in particolare, la poesia come veniva “rappresentata” nel mondo greco, ossia per mezzo del canto accompagnato da uno strumento musicale. Questo progetto non si discosta dalla tradizione. 19 La novità 20 consiste in una precisazione di Socrate, secondo la quale bisogna educare sia al discorso vero, sia al discorso falso (376e-377a). I miti sono la prima cosa che raccontiamo ai bambini: sono, in senso letterale, falsi – cosa, questa, che la tradizione dava per scontata – ma contengono anche qualcosa di vero. I miti, infatti, imprimono nelle menti dei giovani dei typoi – stampi, modelli o clichés – e sono tanto più efficaci in quanto queste impressioni vengono recepite prima di ogni consapevolezza razionale (377b). Occorre perciò, quando i mythopoiòi propongono nuove trame narrative, enkrìnein il racconto ben costruito e apokrìnein quello che non lo sia (377c). Come ricorda Cerri, il verbo enkrìnein non ha tanto a vedere con la censura, ma con la scelta antologica: in epoca ellenistica, giunge a designare l’inclusione in elenchi di autori scelti. L'inclusione in simili canoni rendeva un testo meritevole di essere ricopiato e ne garantiva il perdurare nel patrimonio letterario. Nel II libro si allude, inoltre, alla selezione da parte delle autorità civiche nei confronti delle opere teatrali proposte per la rappresentazione, che avveniva tramite la scelta o meno di finanziarle, concedendo ad esse un coro. 21 (383c)

La critica alla tradizione poetica

Il progetto platonico richiede che l’intero patrimonio della tradizione culturale greca, a partire da Omero ed Esiodo, vada sottoposto a una rigorosa selezione, se deve essere messo a contatto con i giovani: esso presenta infatti – in luogo di una teologia 22 eticamente razionale, come quella presupposta già da Socrate nell’Apologia – delle divinità amorali, assai peggiori degli uomini, e in competizione fra loro. Questa teologia forma i bambini secondo l’etica competitiva caratteristica della morale aristocratica: ma il fatto che una simile etica sia condivisa non è questione di natura, bensì soltanto di educazione (378c ss.). Platone – ragionando, per questo aspetto, come McLuhan – non separa il mezzo dal messaggio, o la forma dal contenuto.

Che invece Hera sia stata legata dal figlio, che Efesto sia stato buttato giù dal padre mentre stava per venire in aiuto alla madre percossa, e le teomachie create da Omero, non devono essere ammesse nella città, siano state o no composte con o senza pensieri nascosti (hypònoia) (378d).

L’interpretazione dei poeti in base al criterio del significato più profondo e nascosto era stata inaugurata da Teagene di Reggio (VI secolo), e comportava una distinzione fra forma e contenuto, fra significato ed effetto di una espressione, fra messaggio e mezzo. Omero non va preso alla lettera, ma va interpretato allegoricamente: le lotte fra gli dei, per esempio, rappresentano semplicemente le “lotte” fra gli elementi naturali. Tuttavia, se consideriamo la poesia nei suoi effetti comunicativi – cioè nella sua capacità di trasmettere luoghi comuni o typoi al di sotto della consapevolezza critica – la presenza o meno di un senso allegorico è irrilevante: le modalità di comunicazione tipiche del medium rendono il messaggio intrinsecamente sospetto.

L'asimmetria dell'educazione prefilosofica

La mousiké è - nelle parole di Socrate - uno strumento essenziale per l'educazione dei cittadini, perché, fin da bambini, li guida senza che se ne accorgano all'apprezzamento disinteressato (philia) e alla consonanza (symphonia) con la bella ragione (kalos logos) (401d). In questo modo, il bambino acquisirà una propensione ad apprezzare il (moralmente) bello e a disprezzare il (moralmente) brutto, prima di essere in grado di afferrarne il logos (402a). Mentre i bambini vengono indirizzati alla virtù senza che se ne rendano conto, chi li educa deve avere presenti gli eide (forme) della sophrosyne, del coraggio, della eleutheriotes (generosità), della magnanimità e delle altre virtù sorelle (402c).

Il progetto platonico rivela qui una asimmetria nelle strutture della comunicazione del sapere: gli educatori detengono il logos, ma agli educandi si rivolgono col mito. Gli educatori sono già adulti e ricchi di sapere, mentre gli educati sono bambini e giovani vulnerabili ad ogni influenza. Il medium usato, il mito, si vale della sua autorità tradizionale e del suo fascino per imprimere in menti vulnerabili i suoi typoi o clichés. Gli educatori sono in una posizione che permette loro di fungere da filtro editoriale, col compito di selezionare e permettere la diffusione delle produzioni dei mythopoiòi. Per parlare chiaramente: questo progetto è un disegno di manipolazione e di controllo della conoscenza, finalizzato ad educare il giovane Gige in modo tale che l’idea di usare l’anello per i suoi interessi non possa neppure venirgli in mente.

Questo disegno, d’altra parte, è messo per iscritto e destinato alla massima pubblicità possibile. Se è vero che la pubblicità è qualcosa di controproducente rispetto ad ogni tentativo di manipolazione, possiamo ipotizzare che Platone, dal punto di vista esterno, non scriva queste cose al servizio di un progetto di dominio, bensì per indicare delle asimmetrie strutturali della comunicazione del sapere: il controllo cognitivo o tecnologico del discorso mette, comunque, in una posizione di potere coloro che lo detengono, nei confronti di coloro che non lo detengono, per una disparità di età, di cultura o di tecnologia. Sarebbe dunque ingannevole appellarsi, anarchicamente, alla libertà della conoscenza in una simile situazione, perché questa libertà si risolverebbe nel potere di chi si trova nella situazione mediaticamente più forte. La “libertà” dei media asimmetrici, come la comunicazione poetica degli antichi o la comunicazione televisiva dei contemporanei, non ha nulla a che vedere con la libertà della conoscenza, perché emittente e ricevente si trovano in una condizione di gravissima disparità, cui l’eventuale pluralità di chi fa poesia o televisione non può porre rimedio. Il ricevente rimane comunque esposto ai typoi, senza potersi difendere. E quanto più l’emittente identifica la propria libertà asimmetrica con la libertà della conoscenza, tanto più i suoi typoi sono subdoli e insidiosi.

Di fronte a questo problema, Platone non sceglie la retorica del pluralismo, ma adotta una soluzione più consapevole: dal momento che alcuni media e alcune condizioni comportano una asimmetria strutturale, la soluzione più onesta è mettere in luce queste asimmetrie, i meccanismi propri della manipolazione ad esse conseguente, e i criteri di selezione che si usano. Dal momento che alcuni media e alcune condizioni rendono strutturalmente impossibile la trasparenza nella comunicazione – anzi, sono tali che ogni loro pretesa di trasparenza non può essere che mistificatoria – l’unica forma di trasparenza possibile è quella sulla comunicazione.

Nessuno vuole essere indottrinato

- Non sai che ciò che è, per così dire, veramente una menzogna, lo odiano gli dei e gli uomini? -

- Che cosa vuoi dire? -

- Questo: nessuno è volontariamente disposto ad essere ingannato in ciò che è capitale di se stesso, e sulle questioni capitali (kyriotàta), anzi è proprio lì che quanto mai si teme. -

- Non capisco nemmeno ora. -

- Perché pensi che io stia proferendo chissà quale vaticinio (semnòn); ma dico solo che di venir ingannati nell’anima su ciò che è, di essere ingannati ed essere ignoranti, e di avere dentro di sé e possedere il falso, nessuno lo accetterebbe e tutti lo detestano massimamente. -

- Certo. -

- Ma allora si può appunto chiamare, come dicevo, veramente una menzogna l’ignoranza che è nell’anima di chi è ingannato: perché quella che è nei discorsi è solo una imitazione (mimema) dell’affezione che è nell’anima, una parvenza (eidolon) venuta ad essere successivamente, e non menzogna schietta. - (382a-b)

Socrate, con queste parole, cerca di spiegare ad Adimanto perché la divinità, nei miti usati a scopo educativo, non dovrebbe essere rappresentata come mentitrice. Il suo discorso ha un senso tutt’altro che esoterico: nessuno desidera essere ingannato; nessuno vuole avere l’anima occupata da una illusione di conoscenza, che è veramente una falsità. Nessuno accetta volontariamente e consapevolmente di essere indottrinato. Per questo, un progetto sulla giustizia deve cominciare mettendo in luce le asimmetrie del controllo della conoscenza e della costruzione del consenso. Ma questa – se è valida l’ipotesi interpretativa che nel discorso platonico il lettore sia l’elemento più importante – può essere anche la via esterna, non immediata né facile, per passare dalla città dei media asimmetrici al sapere filosofico in prima persona.

Bibliografia e URL rilevanti

Francesca Di Donato. I Greci tra oralità e scrittura.

Platone. La Repubblica 376d-383c.



[ 19 ] Alla fine del V secolo si comincia ad aggiungere alle tradizionali mousiké e gymnastiké le cosiddette lettere (grammata), che Platone non menziona, ma la cui conoscenza sembra dare per scontata. Inizia così, nella cultura greca, un processo che porterà all'espulsione dell'elemento "musicale" dall'istruzione (T.J. Margan, «Literate Education in Classical Athens»).

[ 20 ] Giovanni Cerri, Platone sociologo della comunicazione, Milano, il Saggiatore, 1994, pp. 17-37.

[ 21 ] Questa selezione, ad Atene, costituiva un filtro politico (L. Canfora, Storia della letteratura greca, Roma-Bari, Laterza, 2001, pp. 137-142).

[ 22 ] Come osserva, F. Ferrari (Theologia, in Platone, La Repubblica, trad. e commento di M. Vegetti, Napoli, Bibliopolis, 1998, vol. II. pp. 403-423), il termine theologia compare per la prima volta in Resp. 379a, entro una interrogazione sul tipo corretto di teologia mitologica cui dovrebbero conformarsi i poeti.

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