Tetradrakmaton

La Repubblica di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

Una città nel discorso

L'ipotesi contrattualistica di Glaucone è un sistema di garanzia reciproca escogitato da esseri umani né eccessivamente deboli né eccessivamente forti, che si trovano a vivere l'uno accanto all'altro. Socrate si chiede, preliminarmente, perché gli esseri umani vivano in società - cioè perché, come avrebbe detto Aristotele 18 - essi ci si presentano come «animali politici».

E anziché dare per scontata la società così come se ne faceva esperienza al suo tempo, propone di contemplare, col logos, una città nella sua genesi, per vedere come viene ad essere anche la sua giustizia e ingiustizia (369a). Una polis nasce perché non siamo autosufficienti o autarchici, ma abbiamo molti bisogni che ci fanno dipendere dalla cooperazione con gli altri.

... facciamo col discorso, da principio, una città; la farà, a quanto sembra, il nostro bisogno (369c).

La città dei porci

I bisogni si soddisfano nel modo più efficiente con la divisione tecnica del lavoro, cioè con una divisione dei mestieri: a un agricoltore, per esempio, conviene specializzarsi nella coltivazione di grano, e ricevere scarpe, vestiti e abitazioni da altri specialisti. Queste produzioni fondamentali richiederanno a loro volta attrezzi, e dunque artigiani che li fabbricano. E siccome nessun territorio può essere economicamente autosufficiente, occorreranno commercianti che si occupino delle importazioni e delle esportazioni, nonché un mercato per fare scambi. La divisione tecnica del lavoro è dovuta anche al fatto che ciascuno di noi non nasce uguale all'altro, ma ciascuno è vocato a opere differenti (370b-c) Ebbene, chiede Socrate, dove si troverà, e da dove nascerà la giustizia e l’ingiustizia, in una città così delineata? (371e)

Glaucone obietta che la situazione presentata da Socrate è troppo semplice: finché ci si limita ai bisogni elementari, propri di una comunità primitiva che Glaucone chiama «città di porci» (372d), i problemi connessi alla giustizia e all’ingiustizia non sono ancora evidenti. Socrate, allora, introduce nella città che va costruendo nel discorso il lusso, ossia la moltiplicazione e il raffinamento dei bisogni, e lo sviluppo di quello che oggi chiameremmo settore terziario. Questa moltiplicazione dei bisogni conduce ai conflitti e alle guerre: a differenza di quanto avveniva nella città dei porci, nella città lussuosa ci si abbandona ad un desiderio indefinito di ricchezza, che supera il limite del necessario (373c-d ss).

La costruzione di Socrate indica che la pleonexia o smodatezza non si può trattare come un carattere “naturale” dell’uomo, che si può dare per scontato, alla maniera dell'antropologia presupposta da Trasimaco e da Glaucone. Essa nasce dalla vita sociale, che conduce a sviluppare un desiderio di acquisizione indefinito (àpeiros), in corrispondenza di una quantità di bisogni altrettanto indefinita. Questo argomento è fortemente antisofistico e antiaristocratico, perché tratta come relativo ad un certo tipo di società un aspetto della soggettività morale che la tradizione assumeva come assoluto. Niente, infatti, ci assicura che la città lussuosa, dai bisogni indefiniti, sia un destino inevitabile: alcuni potrebbero preferire una “città di porci” in cui si vive in modo frugale, soddisfacendo solo alcuni bisogni definiti, in cambio di una conflittualità inferiore. Tuttavia, perfino un simile ritorno alle origini comporterebbe dei conflitti e un problema di giustizia. Occorrerebbe, infatti, compiere una scelta selettiva entro un ambito di esigenze indefinito, che porterebbe a privilegiarne alcune e a lasciarne cadere altre.

La città opulenta

Il problema della giustizia nasce solo quando la moltiplicazione e il raffinamento dei bisogni conduce al di là del determinismo dei bisogni primari: si pone, allora, il problema di scegliere fra un numero indefinito di elementi, e di rendere compatibili fra loro indefinite scelte possibili. La giustizia non nasce dalla natura e dall’indigenza, ma dalla libertà e dalla storia. La città dei porci era ancora al di qua della giustizia perché si basava sugli automatismi dei bisogni elementari, e non ancora su uno spazio pubblico consapevolmente costruito e pensato in comune.

Il problema della giustizia si presenta in situazioni di conflittualità potenziale. La città lussuosa avrà dunque bisogno di un esercito e di una polizia, e, pertanto, di una classe di specialisti, detti phylakes, i custodi della polis. La loro specializzazione è giustificata, come per gli altri mestieri, sulla base del principio della divisione tecnica del lavoro. La giustizia sarà, proprio per la loro professione, uno dei loro problemi più importanti. Fin qui, Platone ragiona come Hobbes – o, per meglio dire, Hobbes ragiona come Platone. Ma, in luogo della soluzione contrattualistica di Glaucone, precedentemente identificata come la tesi da superare, Socrate introduce una diversa prospettiva, non giuridico-politica, bensì politico-culturale: quella dell’educazione, che viene affrontata sotto la forma di una problema di selezione personale e di comunicazione del sapere - perché il potere politico correttamente inteso non si deve fondare su una convenzione, bensì su una precisa competenza tecnica.

Bibliografia e URL rilevanti

Platone. La Repubblica 369d-374c.



[ 18 ] Aristotele. Politica, I, 1253a

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