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La Repubblica di Platone |
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Perché si manifesti il problema del terzo uomo occorre presupporre a un tempo:
che le idee siano la quintessenza della realtà
che la realtà sia composta da cose
che pertanto le idee, per essere realtà, debbano essere cose, omogenee, dunque, con ciò che predicano.
Il primo presupposto non può essere eliminato senza negare uno dei punti salienti del platonismo. Questo, però, non vale per il secondo presupposto: che ne sarebbe della teoria delle idee se al suo posto si mettesse la tesi che la realtà, in quanto noi la conosciamo, è informazione?
Le idee, in questo caso, dovrebbero essere pensate non come le cose, bensì come l’informazione per eccellenza, in quanto modelli unitari unificanti; le cose cosiddette sensibili sarebbero conoscibili solo in quanto applicazioni del “progetto” delle idee e l’imitazione artistica potrebbe essere trattata alla stregua di una informazione priva della comprensione del know-how ideale. Si potrebbe inoltre ipotizzare che, stando così le cose, il terzo termine di paragone – con tutte le sue difficoltà – sia superfluo. In senso discendente, l’artigiano può fabbricare un letto solo perché ha sotto gli occhi – cioè gli è noto – il modello dell’idea di letto: senza questo modello, il letto fabbricato non sarebbe possibile. L’artista, a sua volta, ricopia il letto fabbricato dall’artigiano solo perché lo ha a disposizione per copiarlo. I tre letti sono reali e conoscibili non perché sono cose, bensì perché sono concrezioni di informazione, più o meno ricche e cariche di consapevolezza.
In senso ascendente, dalla copia dell’artista all’idea, la questione si farebbe più complicata, perché avremmo a che fare non tanto con modelli che informano di sé ciò che viene fatto e lo rendono possibile, quanto con cose: come facciamo a sapere che il letto dipinto dall’artista è la rappresentazione del letto fatto dall’artigiano? E come facciamo a sapere che il letto fabbricato dall’artigiano è l’esecuzione del progetto implicito nell’idea? Dobbiamo, da noi, far congetture sull’informazione cristallizzata da qualcun altro, o dalla natura, in questi oggetti e dobbiamo paragonare i tre gradi – arte, artigianato, scienza – fra loro.
Qui si ripropone l’indefinitezza dell’argomento del terzo uomo: a partire dalla poesia, possiamo arrivare alla cosa così come viene fatta dall’artigiano solo introducendo terzi termini di paragone fra elementi eterogenei, non tanto perché costituiti con differenti intensità di informazione, quanto, soprattutto, perché il rapporto fra l’oggetto e il modello non è stato posto da noi; e ci troviamo in difficoltà analoghe quando dobbiamo valutare la conformità dell’esecuzione dell’artigiano al progetto che dovrebbe ispirarla, e, ancor prima, rinvenire il progetto stesso.
Non è indefinita l’azione informata, ma la conoscenza che ricostruisce l’informazione cristallizzata e data, per riportarla a trasparenza, partecipandola. Dire che la realtà è informazione non significa dire che è sapere assoluto, e assoluta e conchiusa trasparenza: la chiarezza dell’azione deve confrontarsi con l’opacità della giustificazione e della descrizione. Quello che per me, che agisco, è giustizia, per altri può essere un enigma, o una complicata menzogna fenicia.
Se fosse possibile leggere Platone in questo senso, i tre gradini composti dall’idea di letto, dal letto fatto dall’artigiano e da quello rappresentato “poeticamente” funzionerebbero come istanze critiche: il letto fatto dall’artigiano viene messo a confronto con quello poetico per illustrare la differenza fra una produzione con consapevolezza progettuale e una produzione senza consapevolezza progettuale. Analogamente, la differenza fra l’idea incorporata nella fabbricazione e il paradigma non fabbricato serve per spiegare che una informazione non manipolatoria e sofistica deve presupporre se stessa come data al di là del mondo in cui si realizza e degli individui che la mettono in atto. La differenza fra i tre gradini non è metafisica, ma gnoseologica e pratica. Il fatto stesso che la nozione più grande che si possa imparare sia l’idea del bene, e che quest’ultima sia al di là dell’ousìa, cioè al di là dell’essere cosa, sembra militare a favore di questa interpretazione: il bene è quella potenzialità che spinge, indefinitamente, a trasformare le cose cristallizzate in libera informazione.
La Repubblica di Platone
by Maria Chiara Pievatolo is licensed under a Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International License.
Based on a work at http://btfp.sp.unipi.it/dida/resp