Tetradrakmaton

L'Ippia minore di Platone

Bollettino telematico di filosofia politica
btfp

La tecnica del male (371e-375c)

Sulla base di quanto riconosciuto in precedenza, Socrate ricorda a Ippia che difendere Achille come "mentitore" involontario significa dire che è meno competente e quindi peggiore di Ulisse (371e). Il sofista si ribella: perfino i nomoi (leggi e consuetudini) trattano in modo meno severo 10 coloro che commettono il male e mentono involontariamente di coloro che lo fanno volontariamente (372a).

Socrate, dicendo che la sua ignoranza ha bisogno del soccorso della superiore sapienza di Ippia (372b), gli risponde che a lui sembra esattamente il contrario: chi lede e fa ingiustizia agli altri, mente, inganna e sbaglia volontariamente è superiore a chi lo fa involontariamente. Talvolta, tuttavia, gli sembra anche l'opposto (372d): la causa di questa affezione (pathema) sono, probabilmente, i discorsi condotti fino a quel momento. Ha dunque bisogno che Ippia, come un medico esperto, curi la sua anima dall'ignoranza (372e) - purché non lo faccia con una macrologia, per lui difficile da seguire (373a) .

Le parole di Socrate indicano che la tesi che si trova ad abbracciare non è frutto di una sua convinzione, ma qualcosa che subisce in quanto esito dell'argomentazione finora condotta. Ippia, però, è troppo confuso e irritato per chiedersi sulla base di quali presupposti impliciti è stato trascinato a questa conclusione e accetta di continuare a rispondere solo per l'intercessione di Eudico. Socrate, prendendolo in parola, 11 gli chiede di perdonarlo perché si comporta così involontariamente (373b) e gli sottopone una serie di casi:

  1. Se si ammette che un buon corridore sia veloce e un cattivo corridore lento, allora è migliore il corridore che corre lentamente per sua scelta, oppure quello che lo fa involontariamente, perché la sua condizione atletica non gli permette di andare più veloce? (373d-e)

  2. Nella lotta, è migliore il lottatore che si fa mettere volontariamente al tappeto, o quello che cade senza volerlo, perché non ha più la forza di resistere all'avversario? (374a)

  3. Nell'esercizio fisico in generale, è migliore chi è in grado di farlo sia bene sia male, sia con grazia sia senza, o chi, per i suoi limiti, lo fa soltanto male, a dispetto delle sue intenzioni? (374b)

  4. Una domanda analoga si può riproporre per la forza fisica, il portamento, la voce e tutti gli altri organi del corpo, nonché per animali e strumenti; e si deve sempre rispondere che si ha virtù o eccellenza (arete) quando la performance difettosa è volontaria, e dunque controllabile da chi la compie, e vizio quando non lo è (374c-375a); 12

  5. Infine, la questione può essere proposta anche per le tecniche: un arciere, un medico o un musicista che falliscono nel loro compito di proposito sono migliori di chi lo fa involontariamente, per incapacità e imperizia (375a-b)?

Ippia si sente costretto a rispondere che, in tutti questi casi, è sempre preferibile essere in grado di compiere il male volontariamente, facendo uso della propria competenza, piuttosto che involontariamente.



[ 10 ] Si veda per esempio il diritto penale vigente in Italia in merito agli omicidi colposi, preterintenzionali e volontari.

[ 11 ] Quando Ippia ha menzionato i gradi di responsabilità riconosciuti dal diritto, ha avuto l'occasione di rendersi conto che sono pensabili modelli di virtù diversi dall'eccellenza tecnica, ma non è riuscito a coglierla: Socrate, facendosi gioco di lui, gli sta in realtà offrendo un aiuto.

[ 12 ] Fra i casi considerati c'è anche quello sui cui è costruita la critica di Aristotele: è migliore chi zoppica volontariamente, avendo la capacità di camminare bene, o chi lo fa involontariamente, perchè affetto da limiti fisici insuperabili?

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