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Il Gorgia di Platone |
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Socrate lascia da parte Polo e si rivolge direttamente a Gorgia, che presenta se stesso, con compiacimento, 12 come un esperto di retorica (449a) - di quella techne, cioè, che Socrate aveva poco prima contrapposto al dialegesthai. Socrate chiede di concordare con lui, preliminarmente, le modalità della discussione, sfidandolo a non usare il discorso lungo (macrologia), bensì quello breve (brachilogia), fatto di domande e risposte (449c). Gorgia, che si è vantato della sua abilità in ogni genere di discorso, deve accettare la sfida.
Socrate ha cura di accordarsi sulle regole del dialogo, perché, dovendo discutere con un retore, è avvertito del fatto che il suo interlocutore potrebbe manipolare a suo favore le modalità del confronto, per esempio togliendogli la parola per esibirsi in un monologo ininterrotto. Ancora una volta, la cura di Socrate per la politica della comunicazione indica che il suo dibattito con Gorgia non è soltanto dottrinario.
La conversazione di Socrate con Gorgia, dopo aver preso le mosse dall'ipotesi che la retorica sia una techne, cerca di stabilire di che cosa essa si occupi. La struttura logica nascosta di questa indagine è la tassonomia o definizione per genus proximum et differentiam specificam: se la retorica ricade nel genere della techne, che cosa la distingue dalle altre specie di technai? 13
La retorica, dice Gorgia, si occupa di discorsi (logoi) (449e). 14 Ma - obietta Socrate - ci sono anche altre discipline tecnico-scientifiche che hanno a oggetto discorsi: la medicina, per esempio, si occupa di ragionamenti e discorsi sui malati, mentre la ginnastica di discorsi sul vigore dei corpi (450a). Si può dire, anzi, che in generale ogni techne verte sui discorsi o ragionamenti che concernono l'oggetto di cui si interessa (450b). Gorgia, allora, propone una dicotomia che ricorda quella fra scienze pratiche e scienze cognitive di un dialogo platonico tardo, il Politico, con l'importante differenza che qui non si tratta di sapere, ma di discorsi:
technai la cui scienza (episteme) sta nel lavoro manuale
technai la cui azione e efficacia ha luogo mediante i discorsi (450b-c).
La dicotomia proposta da Gorgia consente di lasciare da parte le tecniche manuali, come la pittura e la scultura. Fra le tecniche che agiscono tramite discorsi, Socrate propone una partizione ulteriore:
La retorica appartiene alla prima categoria (450e). Questo, però, non è ancora sufficiente a definirne la specie: rimane infatti da spiegare su che cosa essa precisamente verte (451a). L'aritmetica opera mediante il discorso, ma si occupa di numeri pari e dispari (451b); il calcolo, analogamente, 15 si occupa dei numeri, ma in reciproca relazione; l'astronomia, sempre mediante il discorso, dei moti dei corpi celesti (451c). Di che cosa, mediante il discorso, si occupa la retorica?
Gorgia risponde con la stessa vaghezza del suo allievo: «delle maggiori e migliori questioni umane» (451d). Socrate gli fa notare che qualsiasi tecnico convinto dell'importanza della propria disciplina dirà di occuparsi del bene più grande: il medico della salute, il maestro di ginnastica del vigore e della bellezza del corpo, il finanziere della ricchezza (452a-c). Gorgia è così indotto a dichiarare quale sia per lui il bene più grande, oggetto della retorica:
la capacità di persuadere (peithein) con i discorsi i giudici in tribunale, i consiglieri nel buleterio, i cittadini nell'assemblea 16 e così in ogni altro incontro che sia di carattere politico. 17 E in verità con una simile capacità farai tuo schiavo il medico, farai tuo schiavo il maestro di ginnastica, e sarà evidente che quel finanziere non farà soldi per se stesso ma per altri, per te che sei capace di parlare e persuadere le moltitudini (252e).
Questa definizione mette la retorica al servizio del perseguimento del potere politico - che è, dunque, implicitamente, assunto come il bene più grande entro l'ambiente di una democrazia diretta. Socrate, però, non è soddisfatto, e replica la sua strategia argomentativa precedente: mostrare che la differenza specifica selezionata per identificare la retorica non è in realtà tale.
La funzione della persuasione è sufficiente a isolare la retorica dalle altre tecniche? Solo la retorica produce persuasione? Se qualcuno insegna qualcosa a qualcun altro, non lo sta anche persuadendo (453d)? L'aritmetica, per esempio, con i suoi discorsi persuade sulle proprietà dei numeri (453e). E' dunque legittimo, dice Socrate, chiedersi quale tipo di persuasione deriva dalla retorica (454a). Gorgia specifica la sua definizione così: «quel tipo di persuasione che avviene nei tribunali e nelle altre riunioni popolari», 18 il cui oggetto è il giusto e l'ingiusto (254b).
Socrate, allora, gli chiede se accetta la distinzione fra il memathekenai - il sapere che segue all'aver imparato - e il pepisteukenai - la credenza che segue all'essersi fidati (454c). Gorgia la riconosce: deve quindi ammettere la conseguente differenza fra la mathesis e la pistis, cioè fra l'acquisizione di conoscenza e la fede o credenza. Ma. mentre si può avere una credenza vera o falsa, perché quando si parla di fede si fa riferimento ad una condizione soggettiva, non si può parlare di scienza (episteme) vera o falsa (454d). In questo caso, infatti, si fa riferimento al lato oggettivo del sapere: una nozione riconosciuta falsa, per quanto le si possa prestare tutta la fede del mondo, non può fare parte di un sistema scientifico.
Gorgia, in coerenza con la sua filosofia relativistica, avrebbe potuto fare a meno di accettare la distinzione propostagli da Socrate. Avrebbe, cioè, potuto dire che anche l'insegnamento è una forma di persuasione, perché non c'è nessun criterio oggettivo di demarcazione fra sapere e fede. Perché Platone gli attribuisce questa ammissione, così gravida di conseguenze?
Gorgia presenta se stesso come un professionista dell'insegnamento, che vende la sua merce sul mercato. In questa veste, non può sostenere che il sapere si riduca interamente a credenza, 19 senza annullare la distinzione fra la sua techne, che egli crede così forte da poter essere commercializzata, e le espettorazioni di chiunque altro. Chi si presenta come un insegnante, e in generale chi vuole coerentemente proporre una teoria deve ammettere almeno la possibilità di una oggettività scientifica. Se tutto fosse fumo, anch'io, che parlo, sarei, come tutti gli altri, un venditore di fumo. 20
A questo punto, Socrate chiede di che tipo sia la persuasione sul giusto e sull'ingiusto prodotta dalle retorica nei tribunali e nelle assemblee. La risposta di Gorgia è obbligata: non quella fondata sull'insegnamento e sulla scienza, bensì quella fondata sulla fede (454e). D'altra parte, osserva Socrate, il retore non sarebbe in grado di istruire in poco tempo una tale folla (ochlos) su cose così importanti (455a). La comunicazione politica tipica della democrazia diretta non pare adatta alla scienza. 21
Nella prospettiva, strettamente tecnica, dell'efficacia persuasiva, l'alienità della retorica nei confronti della verità è un punto di forza e non di debolezza. Quando Socrate gli chiede che cosa ha di più il retore rispetto ai vari esperti - medici, ingegneri navali, architetti - a cui le assemblee chiedono pareri, Gorgia fa notare con compiacimento che sono i retori a orientare le scelte fondamentali delle città: per esempio, la fortificazione del porto del Pireo e la costruzione delle Lunghe Mura, che lo collegavano ad Atene, 22 non furono determinate da tecnici, ma da uomini politici come Temistocle e Pericle (455e).
Il retore, prosegue Gorgia, è superiore ai tecnici perché riesce a parlare in modo convincente di tutto, meglio di loro ed eventualmente anche contro di loro (456c). E, dal momento che la sua competenza riguarda esclusivamente la persuasione - non i suoi contenuti - il retore deve considerarsi irresponsabile di quanto i suoi allievi fanno con le arti imparate presso di lui, così come un maestro di arti marziali non risponde del fatto che un suo allievo usi i suoi insegnamenti per picchiare il padre, la madre, i familiari e gli amici (456d). La retorica è un'arte competitiva (agonia): se il discepolo usa male le tecniche di combattimento apprese dal maestro, la colpa è solo sua. Non c'è ragione di odiare, esiliare o condannare a morte chi gli ha insegnato le tecniche, che di per sé possono essere usate bene o male a seconda delle scelte di chi le possiede (457c).
Il discorso di Gorgia contiene un'allusione alla commedia Nuvole, nella quale Aristofane rappresentava un figlio argomentare brillantemente a favore della liceità di bastonare i propri genitori in virtù degli artifici retorici insegnatigli da Socrate, che molti democratici percepivano come un sofista. I sofisti erano esposti all'accusa di corrompere la democrazia perché la loro scienza della comunicazione - offerta a pochi ricchi, a pagamento - rendeva facile manipolare le assemblee, facendo prevalere, come avrebbe detto Aristofane, il discorso peggiore su quello migliore. Gorgia, qui, offre una difesa contro questa accusa: gli intellettuali - come lui, come Socrate - sono dei meri professionisti che conoscono e insegnano delle tecniche. Le tecniche, a loro volta, sono solo dei mezzi: i fini al servizio dei quali vengono impiegate dipendono esclusivamente dalle scelte degli utenti. Gli esperti non sono responsabili.
La visione del sapere proposta da Gorgia - in uno spirito già lontano dalla filosofia antica - è puramente dottrinaria. Il ricercatore è un professionista come tutti gli altri, e non è responsabile del mondo che l'uso del suo lavoro contribuisce a creare. Se Socrate avesse accolto questa visione, avrebbe potuto difendere se stesso, nel suo processo, senza entrare nel merito delle sue idee. Ma questo dialogo rivela che il suo orientamento è molto diverso.
Socrate interrompe l'interrogazione di Gorgia, per accordarsi con lui sul modo di procedere. La cosa più difficile, nelle discussioni, è definire di che cosa si sta parlando, in modo tale che alla fine gli interlocutori si lascino avendo o insegnato o imparato qualcosa (457c). Per questo, è facile che essi si irritino l'uno contro l'altro, pensando che il confronto sia animato da malevolenza e volontà di prevalere piuttosto che da spirito di ricerca (457d).
Le considerazioni di Socrate, che contengono le premesse del metodo dialettico, presuppongono un modello di ricerca diverso da quello sofistico. Gorgia produce delle nozioni pronte per l'uso, che vende sul mercato in concorrenza con altri, declinando ogni responsabilità per il mondo che si viene a creare con il suo sapere. Socrate, di contro, vorrebbe costruire un mondo in cui la discussione favorisse l'apprendimento e l'insegnamento: per lui, dunque, non è affatto scontato che competizione sia più efficace della collaborazione.
In una competizione, in cui una parte vince e l'altra perde, chi riceve una critica fondata non può permettersi di imparare nulla, dovendo innanzitutto salvare la faccia, e chi sa qualcosa meglio dell'altro non può davvero insegnarla, perché non riceverebbe gratitudine. La cooperazione nella ricerca è un gioco win-win, che però richiede ai partecipanti di essere disposti a perdere la faccia, riconoscendo, se è il caso, la validità delle obiezioni altrui. Socrate si accerta, prima di procedere, che Gorgia voglia affrontare questo rischio. 23
Io sono uno di quelli che si fanno confutare con piacere, se non dice la verità, ma che con piacere confutano se qualcun altro non dice il vero, e anzi mi lascio confutare con un piacere non minore di quello che provo confutando. Infatti ritengo che essere confutato sia un bene maggiore, tanto maggiore quanto lo è essere liberati dal male piuttosto che liberarne altri. Perché io penso che per l'essere umano non ci sia un male paragonabile a un'opinione falsa su ciò di cui ora verte il discorso. (458a-b)
L'elenchos o confutazione di cui si parla qui è qualcosa di umiliante, nella prospettiva della morale competitiva tradizionale o sofistica. Se però si considera l'avanzamento del nostro sapere personale e complessivo, partecipare a una discussione, non importa se vincitori o sconfitti, è un'esperienza che ci permette di fare un passo al di là dei nostri limiti: un'esperienza, dunque, per la quale dovremmo essere grati a tutti coloro che si danno la pena di discutere. 24 Le idee veramente solide non nascono nella solitudine, ma emergono - e si saggiano - in un confronto che dà a tutti qualcosa di più. Se siamo quello che sappiamo, rendere il nostro sapere più solido significa migliorare noi stessi. Senza Gorgia, Socrate non avrebbe espresso - e forse neppure pensato - la sua teoria della confutazione. Senza Platone - e senza le generazioni di studiosi che l'hanno tramandato nei millenni - io non avrei scritto questo ipertesto. Senza di te che lo stai leggendo ora, facendolo tuo, il mio lavoro sarebbe nulla.
Gorgia riconosce il valore dell'elenchos, oppure lo considera solo come un attacco personale (458b)? A questa domanda, posta da scienziato a scienziato, e indipendentemente dal merito della discussione, Gorgia si trova politicamente costretto a rispondere di sì. Un venditore di sapere il quale dichiarasse pubblicamente che della ricerca della verità non gli importa nulla, e che considera chi lo critica un nemico da mettere a tacere, perderebbe la propria credibilità. A maggior ragione, non può fare una simile dichiarazione chi aspira a passare per un intellettuale autorevole. Socrate ha formulato la sua sfida in modo che non possa essere rifiutata.
Gorgia, trovandosi costretto a riconoscere il valore della confutazione, cerca di evitare il confronto, adducendo la stanchezza del pubblico che ha già assistito alla sua lunga conferenza. Ma gli spettatori, di cui si fanno portavoce Cherefonte e Callicle, sono di diverso avviso. Gorgia, che non vuole fare una brutta figura - «sarebbe vergognoso se proprio io mi rifiutassi, dopo aver invitato i presenti a chiedermi quello che volevano»- sceglie di continuare la conversazione (458d).
Socrate, ottenuto il consenso di Gorgia, ricapitola la sua tesi così: il sofista è un docente di retorica, arte con la quale è possibile convincere la folla (ochlos) non insegnando, ma persuadendo (458e). Un bravo retore, aveva detto Gorgia, riesce addirittura a persuadere la gente, in merito a questioni sanitarie, meglio dello stesso medico (459a). Questa persuasione, opera di un oratore che non sa niente di medicina, può però funzionare solo nei confronti di chi, a sua volta, non sa. Il retore, con questo pubblico, non ha bisogno di conoscere ciò di cui sta parlando: gli basta dominare un espediente o strumento (mechané) di persuasione in modo da apparire a chi non sa più competente di chi sa (459b-c).
Per Gorgia, la capacità del retore di parlare di tutto senza sapere nulla è un punto di forza, e non di debolezza (459c). Socrate, allora, gli fa la domanda decisiva: Gorgia aveva detto che l'oggetto della persuasione retorica era il giusto e l'ingiusto. Qui, però, ha anche riconosciuto che il retore deve la sua potenza alla sua abilità nel convincere la gente indipendentemente dalla sua conoscenza dei contenuti: questo vale anche per il giusto e l'ingiusto? L'insegnamento di Gorgia, in altri termini, offre solo i mezzi per persuadere le folle, senza interessarsi del giusto e dell'ingiusto? (459e)
Anche in questo caso, la questione di Socrate è formulata in modo tale che la risposta del suo interlocutore sia pressoché obbligata: Gorgia non vuole apparire come un azzeccagarbugli disposto a mettersi al servizio del migliore offerente. Deve dunque ammettere di insegnare anche il giusto e l'ingiusto (460a), cadendo in contraddizione con la sua tesi precedente, per la quale la retorica era neutrale rispetto al valore (461a).
Con questa confutazione, Socrate sottrae al sofista - ma anche a se stesso - un potente argomento di autodifesa. Il nostro sapere non è un accessorio esterno che possiamo mettere e togliere come un vestito. E' qualcosa che, oltre a definire noi stessi, ha un effetto sul mondo; per questo dobbiamo assumercene la responsabilità morale. 25
A dispetto dei toni antidemocratici del testo, la confutazione socratica riesce proprio in virtù di una forma di pubblicità democratica: Gorgia, semplicemente, non può permettersi né di dichiarare in pubblico che in una discussione non gli interessa la verità, ma solo schiacciare l'avversario, né di rappresentare se stesso come un amorale e prezzolato manipolatore di masse, al servizio del migliore offerente. Il controllo esteriore della società, tramite la vergogna, funziona - a certe condizioni 26 - come un surrogato della coscienza.
[ 13 ] La tipica strategia tassonomica di Socrate viene applicata, sulla medesima questione, anche nel Protagora.
[ 15 ] Qui Socrate usa un'espressione riferita esplicitamente alla maniera di chi prepara emendamenti per l'assemblea. Il sottotesto politico del dialogo è, ancora una volta, molto evidente.
[ 16 ] Gorgia si riferisce qui, oltre che al tribunale, all'assemblea generale dei cittadini (ekklesia) e al suo praesidium, la Boulé, cioè a istituzioni fondamentali della costituzione democratica ateniese.
[ 17 ] Qui si anticipa la partizione della retorica, prodotta da Anassimene di Lampsaco sulle tracce di Aristotele, nei tre generi che la Rhetorica ad Herennium rende come iudiciale, deliberativum e demonstrativum.
[ 18 ] Gorgia usa il termine ochlos, che significa "folla" o "popolo", ma con una connotazione dispregiativa.
[ 19 ] Il 455c indica che Socrate è ben consapevole del vincolo a cui è soggetto il ragionamento del sofista.
[ 20 ] Questa strategia, nella Repubblica, viene usata da Socrate anche contro il sofista Trasimaco.
[ 21 ] Questa conversazione, venata di toni antidemocratici, pone però delle questioni importanti: se l'alienità della democrazia degli antichi rispetto alla scienza consisteva nella difficoltà di istruire una folla nei limiti dei tempi ristretti della discussione in assemblea, è possibile pensare a forme di comunicazione del sapere e di organizzazione della vita collettiva che facciano i conti con questi limiti in modo diverso? I mezzi di comunicazione degli antichi non andavano oltre l'oralità e il manoscritto. A questi media si sono aggiunti, alle soglie dell'età moderna, la stampa a caratteri mobili, e, negli ultimi due secoli il telefono, la radio, il cinema, la televisione e, recentissimamente, la rete. Quanto e in che senso l'osservazione di Socrate potrebbe valere in un ambiente dominato da questi nuovi dispositivi?
[ 22 ] Socrate stesso ricorda di aver ascoltato Pericle perorare a favore dell'aggiunta delle mura medie. Questa scelta strategica che rese possibile trasformare a richiesta la città nell'equivalente di un'isola fortificata rifornibile interamente dal mare, fece di Atene in una grande potenza navale, spostando - con un effetto democratizzante - il nerbo della sua forza militare dall'esercito alla flotta, alla quale potevano contribuire, come rematori, anche i nullatenenti.
Per avere un'idea delle dimensioni dell'opera si veda questa pagina.
[ 23 ] La mossa di Socrate non è banale: tutte le volte che all'interesse della ricerca si mescola quello politico - si pensi alla carriera di un ricercatore in un contesto universitario - chi critica qualcuno più potente di lui si espone al rischio di ritorsioni. Il Socrate di Platone, condannato a morte in un processo politico, sta parlando con cognizione di causa. Un sistema in cui l'interesse soggettivo al successo viene messo in conflitto con quello oggettivo all'avanzamento della ricerca non danneggia soltanto i pensatori che si sforzano di essere liberi, ma anche la ricerca stessa.
[ 24 ] Riconoscere il valore dell'elenchos aiuta a sottrarsi alla tendenza a minimizzare la dissonanza cognitiva, che viene sfruttata da efficaci strumenti di manipolazione politica.
[ 26 ] Come è illustrato nel mito dell'anello di Gige della Repubblica, chi si trova in posizione di controllare la propria immagine sociale in virtù di un potere comunicativo superiore - la retorica antica o il controllo moderno dei mezzi di comunicazione - può anche manipolare la pubblicità, sottraendosi al suo controllo.
Il Gorgia di Platone
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